Un sottomarino troppo lontano

Dal 15 novembre, il sottomarino San Juan non dà più segnali di vita, inghiottito dall’Atlantico del Sud. Ma nel Paese, oltre al mezzo navale, pare sia alla deriva anche la fiducia generale
Un messaggio in spagnolo: "Troviamoli, noi li aspettiamo", davanti la base navale di Mar del Plata.

Lo scorso 15 novembre, il sottomarino argentino San Juan, che partecipava a operazioni di pattugliamento nelle acque territoriali dell’Atlantico del Sud, aveva comunicato alla base che aveva un cortocircuito. Un po’ più tardi, aveva fatto sapere di aver risolto il problema. Comunque, nel frattempo al capitano venne ordinato di rientrare alla base. Da quel momento, non si sa più niente del sottomarino e del suo equipaggio, 44 marinai, tra cui una donna.

Argentina Submarine

Un’enorme operazione di ricerca è in corso per individuare il sottomarino o i suoi resti, alla quale partecipano navi ed aerei di decine di Paesi. Tra questi, oltre a una presenza italiana, c’è anche una nave britannica. È la prima volta, dalla guerra delle Malvine, che una unità militare di sua maestà ha un contatto amichevole con le forze armate argentine. Il mare, che di pericoli ne genera non pochi per chi naviga, è capace di suscitare solidarietà lì dove sarebbe ben difficile trovarla.

Le speranze ormai si orientano a poter rinvenire il San Juan, che pare sia adagiato sul fondo marino, a una profondità tra i 200 ed i 700 metri. Alcune stazioni internazionali di vigilanza anti-armamenti nucleari, segnalano che il 15 novembre venne registrato un fenomeno acustico compatibile con una esplosione. Ma ancora non è un fatto certo al 100%. Pertanto si continua a cercare in un’area grande quanto la Spagna, spesso soggetta a difficili condizioni metereologiche.

Argentina Submarine

Tra i familiari dei membri dell’equipaggio si ripetono le scene di dolore. Alcune di una dignità esemplare, altre forse meno razionali pur se comprensibili. Sono situazioni in cui più delle parole occorre saper abbracciare. Il problema è che, quando si vive in un clima di sfiducia generalizzata, diventa difficile credere a chiunque. Ed è quanto forse sta accadendo nel Paese, dove, invece di stringersi in un abbraccio solidale con chi patisce la perdita di un famigliare (e in definitiva questa tragedia colpisce tutti), appaiono le teorie più inopportune oppure si cede alla tentazione di affibbiare responsabilità politiche.

Mauricio Macri

Il presidente Maurizio Macri ha promesso un’inchiesta rigorosa per accertare i fatti. L’Argentina ha una larga storia di investigazione che i fatti non li hanno mai accertati. Dagli attentati alle istituzioni ebraiche nel ‘92 e nel ‘94, con centinaia di morti, ad una intera cittadina, Rio Tercero, fatta esplodere per camuffare un contrabbando di armi dell’esercito. L’ex presidente Menem ha sul capo una condanna in secondo grado per il secondo delitto, ma è ancora in Parlamento. L’avvocato Alberto Nisman è stato assassinato due anni fa senza che ancora se ne sappia qualcosa di certo… In un contesto del genere è difficile chiedere fiducia nelle istituzioni. Soprattutto dopo la sfilata di ministri, sottosegretari e gerenti ministeriali nelle aule dei tribunali, accusati di reati che vanno dalla corruzione alla malversazione di fondi pubblici, alla catastrofe provocate dalla mancanza di controlli.

È il prezzo di politicizzare e smantellare la credibilità delle istituzioni, che sono parte dei beni comuni di un Paese e di “colonizzarle” a ogni cambio di governo. Pertanto, quando è il momento di richiamare alla loro credibilità, questa è ormai latitante da tempo.

Questo nuovo episodio doloroso è un’ulteriore opportunità per ricostruire precisamente un bene comune essenziale come la fiducia. L’avviso per i naviganti – dentro e fuori il governo – questa volta suggerisce di non dar retta ai canti delle sirene dei sondaggi di opinione e del tornaconto politico e di operare con sincerità e trasparenza. Magari ammettendo errori.

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