Un sostegno umano e giuridico
Si avvertiva da tempo l’urgenza di ammettere la possibilità che il coniuge, un parente, un amico, insomma una persona di fiducia di chi poco o per niente è in grado di curare da solo i propri interessi (per le più svariate ragioni: malattia, menomazione fisica o psichica…) potesse validamente sostituirla, senza dover ricorrere ai quei procedimenti legali di interdizione o inabilitazione ritenuti spesso irrispettosi della dignità e della personalità del disabile e perciò accettati passivamente e spesso con riluttanza, dai suoi stessi parenti, oltre che dal disabile. Così, ora grazie alla legge sul cosiddetto amministratore di sostegno (legge 9 gennaio 2004 n.6), entrata in vigore il 20 marzo scorso, sarà più semplice offrire alla persona impedita (anche solo fisicamente, o comunque, non del tutto savia o autonoma per motivi afferenti alle complessive condizioni di salute psico-fisica) un aiuto concreto, reale, rispettoso della sua sensibilità e della sua immagine. Ed è questa un’esigenza molto avvertita, come purtroppo l’esperienza di tutti i giorni insegna. Spesso persone anziane, pure assistite da parenti o da operatori dei servizi pubblici o privati, o comunque persone non completamente autonome, e pur essendo in linea di massima capaci di intendere o di volere o avendo subìto solo una minima decurtazione della capacità di agire, non riescono a coordinarsi o attivarsi efficacemente in modo da entrare in relazione con il mondo esterno. A sua volta il parente o l’operatore che assiste la persona impedita si può trovare nella necessità di curarne gli interessi, e di amministrarne il patrimonio, in tutto o in parte, e ciò proprio allo scopo di provvedere nel migliore dei modi alla sua assistenza, morale e materiale, ma non ha alcun potere giuridico per farlo; d’altra parte il ricorso alla procedura di interdizione o di inabilitazione, come si diceva, può spesso apparire eccessivo o non rispondente al reale bisogno della persona impedita. È classico l’esempio dei parenti che vogliono provvedere a riscuotere la pensione della persona invalida ed impedita alla deambulazione, o che magari devono provvedere a vendere un bene di sua proprietà per utilizzarne il ricavato a suo esclusivo profitto. Ecco, in queste come in altre svariate ipotesi, è ora possibile ottenere la nomina, anche per un tempo determinato e per alcuni scopi specifici, dell’amministratore da parte del giudice tutelare del luogo di residenza o di domicilio della persona impedita: una nomina che quindi non ha necessariamente carattere di definitività – in considerazione del fatto che magari la persona impedita potrebbe nel tempo riacquisire pienamente le proprie capacità fisico-psichiche – e che non annulla la personalità del disabile. Questi infatti conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno e può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana; anzi l’amministratore può essere designato dall’interessato stesso in previsione della propria eventuale futura incapacità, rendendo una dichiarazione idonea davanti ad un notaio. L’amministratore a sua volta deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni della persona impedita, definita dalla legge anche beneficiario – espressione intesa a valorizzare in positivo l’attività sostitutiva resa in suo favore – e può compiere solo gli atti che sono stati indicati dal giudice tutelare nel provvedimento di nomina, sotto pena di annullabilità degli atti compiuti in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico e ai poteri conferitigli. Trovano spazio anche tra i soggetti legittimati a richiedere la nomina dell’amministratore (oltre il disabile stesso, il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o curatore ovvero il pubblico ministero), anche la persona convivente stabilmente nonché i responsabili dei servizi sanitari e sociali cui la persona sia stata eventualmente affidata per la sua cura ed assistenza. Nel progetto di legge era previsto che l’istituto in parola trovasse applicazione anche in caso di anzianità, ma poi la Camera dei deputati ne ha eliminato il riferimento nel testo definitivo. Ciò non significa peraltro che, laddove si verifichino le condizioni di parziale o insufficiente autonomia di una persona anziana, non possa farsi ricorso alla nomina dell’amministratore: al contrario l’obiettivo perseguito dalla legge – come recita l’art.1 – è quello di tutelare… le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, prescindendo dallo loro età anagrafica e volendo così evitare la facile (e insidiosa) omologazione dei concetti anziano=disabile. E in effetti non si può che concordare con la scelta definitiva