Un sogno diventato realtà

La bella storia di Francesco, un ragazzo capace di andare oltre la propria disabilità.
Francesco Messori

«Mamma che dici, ce la faccio?». «L’unica è provarci Francy, finché uno non ci prova non può saperlo…». È iniziato tutto così, quasi tre anni fa. Un bambino in cui all’improvviso si accende la passione per il calcio, e una mamma che questa passione l’ha sempre avuta («Giocavo a livello amatoriale nella squadra del paese»). Lui è Francesco Messori, un ragazzo che oggi ha tredici anni e che abita a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Francesco ha una gamba sola dalla nascita, la sinistra, ma non ha mai vissuto la sua condizione fisica come una diversità, quanto piuttosto come una “caratteristica”. Così, quando in lui è nata la passione per il calcio, pur comprendendo le difficoltà cui sarebbe andato incontro, non si è fatto scoraggiare ma ha semplicemente manifestato la voglia di provarci.

«Su consiglio dell’allenatore ha iniziato a giocare in porta – ci racconta mamma Francesca –, perché era più facile. Però non si divertiva, la protesi gli dava fastidio, e quindi un giorno mi ha detto: “Voglio giocare in attacco e senza protesi, io sono così, a me questo accessorio mi sta stretto”. Così, ha cominciato a usare le stampelle e si è allenato con la sua squadra senza mai pretendere di giocare in partita, consapevole che il regolamento della Federazione, giustamente, non permette di usare le stampelle. Certo, il desiderio di giocare una partita “ufficiale” in lui c’era sempre, ma la passione era così grande che alla fine gli bastava solo allenarsi».

Fortunatamente i sogni, almeno qualche volta, possono diventare realtà, e Francesco alla fine la sua partita “vera” è riuscito a giocarla. «È stato un dono inaspettato. Cercavamo su Internet informazioni sull’handbike (un particolare tipo di bicicletta usata da persone con disabilità agli arti inferiori, ndr), quando per caso abbiamo scoperto una manifestazione denominata Happy Hand. C’erano in programma tante discipline sportive per disabili tra cui il calcetto. Abbiamo mandato una mail per informarci e gli organizzatori ci hanno risposto dicendoci che quello di calcetto era l’unico torneo solo per normodotati ma hanno tenuto a invitare comunque Francesco: “Se non ci sono degli amici che possono venire con lui, la prepariamo noi la squadra”. Così, per la prima volta, Francy giocò una partita insieme a ragazzi normodotati».

«Lì poi c’era una rete web, Ability Channel, che gli ha fatto un’intervista dove Francesco ha detto: “Io amo il calcio, seguo questa mia passione, ma posso solo allenarmi con i miei amici perché la legge non mi consente di giocare con le stampelle partite ufficiali”. Da lì Massimo Achini, il presidente del Centro sportivo italiano (una delle più antiche associazioni di promozione sportiva del nostro Paese, ndr) si è attivato per modificare il regolamento di gioco del Csi “perché – ha detto Achini – devono essere le regole a dover essere cambiate in favore della vita e non il contrario».
E così è andata: per far partecipare la squadra di Francesco è stato adattato un triangolare che si fa tutti gli anni in provincia di Cremona, facendolo diventare un quadrangolare. Una giornata indimenticabile, Francesco ha anche segnato due gol… Adesso la sua squadra, pur giocando il campionato della Federazione giuoco calcio, ha intenzione di partecipare durante l’anno anche a tornei Csi, così che Francesco possa giocare oltre che allenarsi.

Conversando con mamma Francesca, comprendiamo che il guardare positivo di Francesco dipende molto dall’atteggiamento che hanno avuto con lui i suoi genitori che, davanti alle difficoltà e a sogni apparentemente impossibili da realizzare l’hanno sempre incoraggiato, in maniera forse un po’ temeraria, anziché “smontarlo” per proteggerlo da possibili delusioni.
«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile». Questa citazione di san Francesco d’Assisi, che i Messori hanno scoperto recentemente, è diventata «il cavallo di battaglia della nostra famiglia». Una famiglia che ci insegna che un limite fisico, per quanto importante, non può frenare del tutto la passione nel fare qualcosa.

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