Un sindaco nel mirino
Una lapide e una foto, nel cimitero di Porto Empedocle. Qualcuno prende di mira quella foto, la colpisce, forse con un martello, la manda in frantumi.
La foto è quella di Giorgio Carmina, un uomo molto noto in città: segretario generale alla provincia di Agrigento, è morto nel 2011. Giorgio Carmina è il padre di Ida Carmina, primo sindaco 5 Stelle del comune agrigentino. L’episodio che si è verificato il 3 agosto è solo l’ultimo atto di una lunga catena di episodi (intimidazioni, minacce, avvertimenti?) che il primo cittadino ha subito negli ultimi mesi. Il primo maggio scorso, è stata rinvenuta una testa di bue mozzata, davanti alla casa di campagna della famiglia del sindaco.
Il sindaco di Porto Empedocle è nel mirino. Gli episodi non si contano: il 14 febbraio 2017 le minacce arrivano attraverso i social. E sono minacce di morte. Il sindaco le denuncia alle forze dell’ordine, ma non racconta nulla. Se ne saprà qualcosa solo mesi dopo. Nella stessa primavera, dei “non ladri” (Ida li definisce così…), entrano in due villette di famiglia. In un terreno recintato ci sono tre villette, la prima e la terza erano del papà di Ida, oggi sono della figlia e della sua famiglia. I ladri scelgono proprio quelle, le mettono a soqquadro, le devastano. Non portano via nulla! E soprattutto “scansano” l’unica villetta che è di proprietà di persone estranee alla famiglia Carmina. Il segnale è chiaro. Preciso, inequivocabile. Nello stesso periodo, qualcuno pensa bene di “rigare” l’auto del primo cittadino.
Un sindaco di frontiera, in una città di frontiera. Non è una frase fatta. Porto Empedocle possiede un porto importante, è il collegamento con Lampedusa, vive le vicende legate ai migranti. Porto Empedocle è il cuore pulsante dell’economia della zona, qui c’è anche la zona industriale. «Questi episodi sono molto dolorosi – commenta Ida Carmina –, soprattutto quest’ultimo perché coinvolge la mia famiglia. Quando mio fratello mi ha telefonato per dirmi cos’era accaduto, ero insieme a mia madre. Avrei voluto nasconderglielo, ma le lacrime mi hanno rigato gli occhi e lei se n’è accorta. Mi ha detto: “Ida, tuo padre, in questo momento, è orgoglioso di te. Questo gesto è un tributo alla tua onestà ed a ciò che stai facendo per la città”. Ma il dolore c’è, la rabbia è tanta».
Sindaco, ha una spiegazione? Dei sospetti?
«Potrebbe essere un balordo, dei balordi, potrebbero essere criminali organizzati. Non ho una risposta. Di certo, in città, si è creato un clima pesante. Con la mia giunta non ci sono favori, non ci sono parenti. Io non ho “parenti”. I miei parenti sono tutti i 18.000 empedoclini. Per loro, cerco ogni giorno di costruire una società migliore. La mia città ha dovuto dichiarare il dissesto finanziario, a causa dei debiti lasciati dalle precedenti amministrazioni».
Ida Carmina, una donna, una moglie, una madre: laureata in giurisprudenza alla Cattolica di Milano, avvocato, poi commissario di Polizia (in servizio per due anni alla Divisione Anticrimine di Agrigento), poi la decisione di dedicarsi all’insegnamento. «Perché prevenire è importante e investire in formazione è altrettanto importante che fare repressione. Io insegno all’Istituto professionale Nicolò Gallo. Tra i miei alunni, ce n’è uno a cui hanno sparato alla nuca, un altro è all’ergastolo. Ho sempre insegnato loro l’importanza della legalità. E continuo a farlo oggi in un altro ruolo».
Ida Carmina non ha lasciato la scuola: «Insegno solo per poche ore, usufruisco dei permessi da sindaco. In questo modo, faccio risparmiare dei soldi al Comune. Attualmente, la mia indennità mensile è di 581 euro. E per i miei assessori è lo stesso».
Come è arrivata all’impegno politico?
«Sono cresciuta in una famiglia cristiana, mio padre è stato presidente diocesano di Azione cattolica, per tre trienni consecutivi. Anch’io ho sempre vissuto l’impegno sociale nel mondo cattolico. La mia decisione di studiare alla Cattolica non dipendeva dal fatto che era un’università di prestigio, ma perché volevo studiare radicandomi in quei principi ed in quei valori. Sono stata educata ad un cristianesimo di strada, fatto di attenzione vera agli ultimi. Spesso sento i miei alunni dire: “Non cambierà mai nulla”. Io credo invece che si possa cambiare.
Una giovane riminese, la “Serva di Dio” Carla Ronci, disse: “Voglio fiorire dove il Signore mi ha seminata”. Per me quelle parole sono importanti, ho scelto l’impegno per la mia città e la mia gente. Ho voluto seguire le parole di Giovanni Paolo II nella Christifidelis laici: “La politica è la più alta forma di carità”. E ci induce a non aver paura di “sporcarci le mani”. E poi Martin Luther King: “Non temo la cattiveria dei disonesti, ma il silenzio degli onesti”. Ecco, tutto questo mi ha spinto all’impegno politico. Ho visto che nella mia città c’era grande disagio, c’era il senso di perdita della comunità. Ho voluto esserci in prima persona. Questa impresa sta riuscendo: la comunità civile sta rinascendo, oggi tutti sanno che il mio valore assoluto è il bene comune, non ci sono i favori degli amici, ma i diritti per tutti. Siamo tutti insieme al capezzale di un’umanità dolente che può trovare salvezza nella solidarietà».
Lei è fiduciosa? Ha paura?
«Nei confronti della mia famiglia, talvolta, mi sento in colpa. Perché a causa mia stanno pagando un prezzo pesante. Ma la voglia di lottare è più forte della paura. Dopo il 1992, dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino, la Sicilia è cambiata. C’è voglia di riscatto vero. Non serve colpire Ida Carmina. Ida Carmina passerà e ce ne saranno altri come lei, dopo di lei. Due anni fa gli empedoclini hanno scelto me proprio per questo. Sapevano che non venivo dalla “politica di mestiere”, che ero nuova. Ho avuto la loro fiducia, oggi devo andare avanti e non tirarmi indietro, costi quel che costi. Non sono sola, tanti mi dimostrano solidarietà. Ma dobbiamo essere molti di più».