Un sindacato di strada

Bisogna stare dentro i luoghi “invisibili” dello sfruttamento per portarvi dignità e diritto. Intervista a Jean Renè Bilongo della Federazione dei lavoratori agricoli della Cgil

Si parla di crisi del sindacato, alcuni parlano addirittura di “una lunga notte”, proprio nel momento in cui la condizione dei lavoratori è difficile da rappresentare, con la ricomparsa ormai assodata del lavoro servile e del caporalato, non solo nel settore agricolo.  Ma proprio su iniziativa della Federazione dei lavoratori agricoli (Flai) della Cgil è nato, nel 2012 l’Osservatorio Placido Rizzotto, poco dopo i funerali di Stato celebrati a Corleone in memoria del sindacalista ucciso dalla mafia siciliana nel 1948.

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Abbiamo perciò intervistato Jean Renè Bilongo, sindacalista di origine camerunese, attivo nella Flai e quindi nell’osservatorio Rizzotto, che ha il compito di indagare l’intreccio tra la filiera agroalimentare e la criminalità organizzata, con una particolare attenzione al fenomeno del caporalato e dell’infiltrazione delle mafie nella gestione del mercato del lavoro agricolo.

I numeri parlano di una crisi di iscritti ai sindacati, che alcuni interpretano per l’incapacità di far valere i diritti dei lavoratori. La vostra realtà è un’eccezione perché attiva concretamente sul campo…
Intanto stiamo attenti all’uso strumentale che si vuol fare dei numeri. Il sindacato è un pilastro della democrazia e bisogna chiedersi sempre a chi giova dipingerlo come soggetto antiquato e sfiatato. Per quanto ci riguarda, la Flai- Cgil cerca ogni giorno di esplorare nuovi percorsi di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori anche oltre la dimensione prettamente vertenziale delle questioni. Siamo con i lavoratori dove vivono, si aggregano, anche in quei “non luoghi” deleteri che molti, troppi fanno finta di non vedere. Noi siamo sempre lì, a presidio del territorio, per far sventolare il vessillo della legalità e riaffermare le ragioni del lavoro dignitoso che sono intangibili.

In che modo operate?
Abbiamo adottato un modus operandi tanto antico quanto nuovo: il “sindacato di strada”. Una peculiarità che ci contraddistingue nel panorama nazionale, europeo e presumibilmente anche globale. Non possiamo aspettare che le lavoratrici e i lavoratori vengano nelle nostre sedi: spetta a noi andare incontro a loro. E questo lo facciamo ogni giorno. Siamo quelli che fanno presidi sindacali persino in quegli spazi comunitari come i templi Sikh per parlare collettivamente ed individualmente con i lavoratori. Perché la Flai- CGIL è sempre dalla stessa parte: quella dei lavoratori!

Quali cautele dovete adottare nei luoghi dove imperversano le mafie?
Per un’organizzazione collettiva come la nostra schierata dalla parte dei lavoratori, della loro dignità e libertà, il miglior scudo in quelle latitudini italiane dove imperversano le mafie, con tutto il corollario di prepotenze, è rappresentato dagli stessi lavoratori, dalla coscienza collettiva e dalle stesse istituzioni. Va tuttavia detto che lo sfruttamento, gli sfruttatori e predoni sono presenti ovunque. Basta leggere la cronaca degli arresti per rendersi conto che quella lettura che ascrive lo sfruttamento in determinate parti della Penisola non corrisponde alla dimensione reale del fenomeno. Certo, i caporali la fanno da padroni qua o là, ma ci sono anche le cooperative spurie, senza terra che sfruttano i lavoratori come se fossero bestie. Lo sfruttamento è un’idra con innumerevoli tentacoli che cercano di calpestare la dignità delle persone dappertutto, specie nell’economia del lavoro agro-industriale. Noi siamo risoluti nel contrasto a queste derive. Sono inaccettabili.

Qual è stato il suo percorso di lavoratore e sindacalista?
Come tanti altri, sono un lavoratore immigrato che ha fatto i conti con lo sfruttamento parecchi anni addietro. Da lì ho maturato la consapevolezza che poi si è tramutata in impegno sociale fino all’approdo naturale al sindacato.

Con quale strategia si può incidere sulla filiera agricola fino alla determinazione dei prezzi decisi dalla grande distribuzione commerciale? È davvero possibile? Quali alleanze occorre promuovere?
Va premesso qui che non tutta l’agricoltura italiana è malsana. Esistono tante realtà produttive che applicano compiutamente il contratto. La questione dello sfruttamento nella filiera agricola interpella molti soggetti: dagli imprenditori alla Grande distribuzione organizzata. È chiaro che imporre dei prezzi ridicoli per l’acquisto dei generi merceologici agricoli ai piccoli conferitori si riflette necessariamente sulla parte più debole della catena, ossia il lavoratore. Siamo convinti che le aste al doppio ribasso della grande distribuzione costringano i fornitori ad un gioco d’azzardo senza vincitori. Una pratica sleale che va vietata per legge, perché impoverisce tutta la filiera agroalimentare. Sui campi di tutta Italia denunciamo da anni lo sfruttamento del lavoro e il caporalato, ma per arginarli è necessario anche intervenire a monte della filiera, dove i potenti gruppi della distribuzione determinano la sorte di chi produce il cibo. Noi della Flai Cgil siamo convinti che sia possibile.

 

 

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