Un SI ragionevole al referendum costituzionale

Intervista a Paolo Ciani, coordinatore nazionale di Democrazia Solidale. Non siamo all’ultima spiaggia ma abbiamo la possibilità di cambiare, ma la forma partito va ripensata per una reale partecipazione
demos

Democrazia Solidale (Demo.S) è tra le formazioni politiche attive a favore della riforma costituzionale Boschi-Renzi. I rappresentanti in Parlamento siedono nel gruppo del Democrazia SolidaleCentro democratico. Abbiamo intervistato, Paolo Ciani, portavoce di Demo.S  partendo da un’affermazione della politologa Nadia Urbinati secondo la quale “decenni di manicheismo da guerra fredda tra comunisti e democristiani non hanno diviso così fortemente il Paese come questo referendum che cade in un tempo post-ideologico”.

 

In molti si chiedono come mai la maggioranza ha spinto così tanto per far approvare una legge senza un largo consenso. La spaccatura nel Paese è così grande che una riforma è possibile solo in tal modo?

«Sinceramente non mi sembra che il clima di contrapposizione dovuto al referendum possa paragonarsi alle divisioni di altri tempi tra comunisti e democristiani. E ancor meno alle divisioni profonde che hanno provocato altri referendum: basti pensare a quelli su divorzio o aborto. Io più che altro, parlando con le persone, verifico che ancora c’è molta disinformazione, che molti ancora non sanno bene in che cosa consiste questa riforma, che altri ne hanno sentito parlare solo occasionalmente, o sono stati raggiunti da alcune notizie, quasi sempre infondate, presenti sui social».

 

Ci sono spazi per riprendere il dialogo?

«Relativamente a spaccature e possibile dialogo, ripercorrendo la storia di questa riforma, è evidente il tentativo fatto dal governo di trovare una larga convergenza. La proposta iniziale è stata largamente emendata e modificata e lungamente discussa dalle due Camere e, nella fase iniziale, la maggioranza, che comprendeva anche Forza Italia, era molto larga. Successivamente il centrodestra ha cambiato idea per motivi totalmente estranei alla riforma costituzionale. È indubbio che la contrapposizione si sia acuita anche per la scelta iniziale del presidente del Consiglio di personalizzare la vicenda referendaria».

 

 

Quale motivazione decisiva vi ha spinto come gruppo ad essere così deciso sostenitori della riforma pur davanti a molti dubbi presenti nel mondo cosiddetto cattolico?

«Per quanto riguarda Democrazia Solidale, abbiamo appoggiato la riforma non solo per una lealtà di maggioranza, ma perché siamo convinti che la nostra Costituzione – nei cui principi fondamentali crediamo molto – sia ancora ampiamente non applicata, e che una sua attualizzazione della seconda parte, può aiutare le istituzioni ad essere più efficienti e i cittadini a vivere meglio. 

Per ciò che concerne il “cosiddetto mondo cattolico”, come molti "mondi" ha la libertà di riflettere e di prendere una decisione. La riforma costituzionale non mi sembra affronti argomenti “di fede”, quindi è abbastanza normale che vi siano posizioni differenti, soprattutto dopo che alcuni hanno scelto un posizionamento di “tipo politico”».

 

La legge elettorale in un sistema almeno tripolare come quello attuale avendo l'obiettivo di assicurare comunque la maggioranza alla Camera al primo classificato non rischia di alterare la fotografia della rappresentanza, replicando così l'anomalia bocciata dalla Consulta nel Porcellum, e per giunta nell'unica Camera che darà la fiducia al governo? Come si tengono insieme rappresentanza e governabilità?

«Rappresentanza e governabilità vanno assolutamente tenute insieme. Sinceramente sono convinto che uno dei problemi della crisi della rappresentanza, e comunque di un allontanamento delle persone dalla politica, sia dovuto anche all'idea e alla percezione che la politica "non funzioni", cioè non risolva i problemi. Questo con pericolose conseguenze, com'è evidente dall'avanzata dei populismi e anche dalla superficialità con cui si ipotizzano scorciatoie dinanzi alle garanzie democratiche. Certo appare curioso che gli autori del Porcellum che per anni ci hanno fatto votare per Camera e Senato liste decise dai segretari dei partiti, oggi fingano indignazione perché la riforma non specifica le modalità con cui saranno scelti tra i consiglieri regionali e i sindaci i futuri senatori. Tuttavia non va confusa la legge elettorale con il referendum costituzionale, cosa che si fa troppo frequentemente».

 

In che senso sarà variato l’Italicum dopo il 4 dicembre? Seguendo quali criteri secondo voi?

«Il presidente del consiglio Matteo Renzi si è detto disponibile a modificare l'Italicum: a nostro avviso sicuramente andrebbe tolto il ballottaggio (in un sistema tripolare ne abbiamo visto tutti i limiti nelle elezioni amministrative); si potrebbe anche rivedere i collegi e il sistema delle preferenze. Faremo al momento opportuno le nostre proposte di modifica. 

Tornando al discorso rappresentanza-governabilità, questo apre a nostro avviso un problema più generale: quello della “forma partito”. In un sistema tripolare se non si vuole ricadere nei “ricatti dei piccoli” e nemmeno nello “strapotere dei pochi”, vanno pensati dei partiti in cui in tanti possano riconoscersi e sentirsi rappresentati. È evidente che la crisi che vivono i tre poli oggi in Italia – dal centrodestra diviso e litigioso, ai Grillini che ancora non si sono dati uno statuto democratico e che anche governando sanno solo dire no, alle divisioni e anomale alleanze del PD -, testimonia che bisogna fare qualcosa in questa direzione: sicuramente almeno nella nostra parte. Il numero crescente di astenuti alle elezioni, è uno dei segnali che bisogna cambiare e trovare nuove forme di rappresentanza: la politica deve riconquistare fiducia presso i cittadini».

 

Confindustria parla di aumento dell’occupazione in caso di vittoria del SI, mentre i fogli del Financial Times e del Wall Street Journal, come fonti statunitensi  sono citati per delineare foschi scenari in caso di vittoria del NO. Sono motivazioni verosimili per convincere al voto? Siamo davvero all’ultima spiaggia?

«Sinceramente non amo queste motivazioni per spingere l'una o l'altra posizione rispetto al referendum. L'esperienza ci insegna che alcuni grandi giornali, come alcuni governi, o gruppi economico-finanziari, hanno i loro interessi nello spingere situazioni precise di un Paese in una direzione o nell'altra. A mio avviso non si tratta assolutamente di un’ultima spiaggia, ma di una opportunità di cambiamento per il nostro Paese. Qui a mio avviso bisogna sottolineare una contraddizione tutta italiana: siamo un Paese in cui ci lamentiamo sempre di com'è la situazione, ma abbiamo una grande resistenza e paura a cambiare. Non vedo scenari paradisiaci con la vittoria del SI, come non vedo scenari apocalittici se vincesse il NO: ma sono convinto che la Riforma Boschi sia una pietra miliare per il cambiamento tanto atteso nel corso di molti anni. È evidente – solo per fare solo due esempi – che il superamento del bicameralismo paritario, possa aiutare il Parlamento a funzionare meglio; così come un riequilibrio dei poteri tra regioni e Stato può assicurare una maggiore equità, ad esempio nel campo della sanità. Peraltro l’insistenza del fronte del no nel trovare motivi di contrarietà alla riforma che esulano il merito, mi convincono vieppiù della giustezza della decisione.

 

Quale scenario è possibile immaginare in caso di vittoria del SI e in quello del NO?

«Gli scenari post referendum sono difficili da delineare oggi. Si sentono dire le cose più disparate… Io credo sicuramente che una vittoria del SI rafforzerebbe l'attuale governo e maggioranza  e li responsabilizzerebbe di fronte al Paese nella sfida di cambiamento che si sono proposti. La vittoria del no, sperata da uno schieramento troppo eterogeneo, non credo che porti a risultati immediati. Cadrei nello slogan ricordando che “se voti no, non cambia nulla”. Sicuramente non si modificherà quello che tutti – compresi moltissimi del fronte del no – affermano di voler cambiare. In ogni caso, bisognerà vedere cosa deciderà il presidente del consiglio e evidentemente il presidente della Repubblica in caso di eventuali dimissioni di Renzi. Ma di fantapolitica il nostro Paese ha già troppo sofferto, quindi attendiamo gli eventi e vedremo».

Vedi anche:

http://www.cittanuova.it/c/458365/Divisi_verso_il_referendum_Appello_ad_un_voto_consapevole.html

http://www.cittanuova.it/c/458287/Il_referendum_alle_porte_Continuiamo_il_confronto.html

Ascoltando l’invito all’unità del Paese come espresso dal Movimento politico per l’unità in Italia

http://www.cittanuova.it/c/457053/Referendum_No_allo_scontro_tra_guelfi_e_ghibellini.html

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