Un SI deciso per una riforma necessaria

Intervista a Laura Puppato, senatrice del partito democratico, sulle ragioni di un cambiamento motivato dall’esigenza di uscire da un immobilismo alimentato da un’opposizione che non ha intenzione di dialogare
pd ansa

Tra i sostenitori del SI al prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre troviamo in maniera assai convita, la senatrice del partito democratico Laura Puppato, conosciuta per la sua estrazione e sensibilità ambientalista, fortemente radicata nel suo Veneto, e candidata nel 2012 alle primarie del centrosinistra vinte, a quel tempo, da Pierluigi Bersani.

Gli formuliamo le domande sulla falsariga di quelle proposte a Paolo Ciani, coordinatore di Demo.S e anch’egli sostenitore del SI.

 

Secondo alcuni politologi come Nadia Urbinati, decisa sostenitrice del No, l’Italia è spaccata da questo referendum, voluto dalla maggioranza renziana,  peggio che negli anni della Guerra fredda. Tale divisione è così insanabile che una riforma è possibile solo col referendum a maggioranza? Ci sono spazi per riprendere il dialogo?

«Siamo sicuri che il Paese sia così spaccato come si crede? O che non vi siano state altre spaccature in passato di uguale o maggiore intensità che non abbiamo saputo percepire? Io credo che la differenza maggiore non sia di sostanza, ma di forma. Questa è la prima vera spaccatura da quando esistono i social network e dunque un vettore alternativo e democratico rispetto alla televisione. Oggi chiunque può dire la sua e spesso però la discussione viene esacerbata e finisce in lotta senza quartiere. Mi sembra un fenomeno globale e non solo italiano, non dimentichiamo i toni usati da Trump, Le Pen o Farage. Sulla necessità della riforma non ci sono dubbi. In Italia la cosa migliore che si può fare, per rimanere al Governo, è stare fermi, immobili, non toccare nulla. Lo diceva Machiavelli secoli fa e non è cambiato nulla. La realtà è che questo Governo sta toccando molti interessi, riformando diversi settori. È una realtà di sottobosco che i giornali non trattano, ma che certi ambienti conoscono benissimo e quindi prendono a pretesto questa riforma per distruggere un governo che percepiscono come nemico dei loro privilegi che conservano da decenni. Un consenso più largo sarebbe stato l’ideale, ma di fronte abbiamo il M5S che persegue la logica di una loro superiorità per cui o si fa come dicono loro o lasciano il tavolo, e Forza Italia che cambia posizione a seconda di come comunica il loro "titolare". Di Salvini neppure posso parlarne, con lui non c’è margine di dialogo».

 

La legge elettorale in un sistema almeno tripolare come quello attuale avendo l'obiettivo di assicurare comunque la maggioranza alla Camera al primo classificato non rischia di alterare la fotografia della rappresentanza, replicando così l'anomalia bocciata dalla Consulta nel Porcellum, e per giunta nell'unica Camera che darà la fiducia al governo? In che senso sarà variato l’Italicum dopo il 4 dicembre?

«Da quanto tempo sentiamo la moina per cui questo sarebbe l’ennesimo Governo non eletto? A dirlo sono gli stessi che, non conoscendo l’attuale Costituzione, dicono di volerla difendere, dicendo che vogliono un Governo “eletto” non vogliono una legge elettorale che, nei fatti, garantisce un filo diretto tra Governo e voto. È un gioco delle parti, se domani diciamo nero, loro dicono bianco, se allora noi diciamo va bene bianco, stia sicuro che loro vorranno il nero. Solo in Italia il ruolo di opposizione ha come scopo l’abbattimento del Governo, negli altri Paesi essere di opposizione significa controllo dell’esecutivo e miglioramento delle proposte della maggioranza, perché la stabilità è un valore. Come cambierà l’Italicum non lo so, c’è un documento di intesa, ma vedremo dopo il 4, a seconda della situazione che si creerà».

 

Confindustria parla di aumento dell’occupazione in caso di vittoria del SI, mentre i fogli del Financial Times e del Wall Street Journal, come fonti statunitensi sono citati per delineare foschi scenari in caso di vittoria del NO. Sono motivazioni verosimili per convincere al voto? Siamo davvero all’ultima spiaggia?

«Non posso pensare che l’Italia sia all’ultima spiaggia, certo è che una domanda è lecita. "Se fallisce questo Referendum, chi metterà in futuro la faccia su un’altra riforma, che pure tutti dicono di volere". Stiamo traducendo, non sempre in modo approfondito, editoriali scritti da giornalisti che esprimono opinioni sul tema Italia differenti, talvolta più motivate, talvolta no. È normale, semplicemente questo conferma che il mondo ci osserva molto interessato alle nostre scelte, ipotizzando scenari. Stiamo ai dati, quanti punti di PIL ci costa il contenzioso tra Stato e regioni? 2/3 punti di PIL, stiamo parlando di miliardi di euro che potrebbero essere re-investiti nella scuola, nella sanità o nelle politiche sociali. Questo è un ragionamento economico valido e su cui dovremmo riflettere».

 

Si ringrazia Maurizio Colace per la collaborazione

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