Un Sartre spirituale

Teatro
Lontano dalle scelte del puro intrattenimento, l’Istituto di dramma popolare di San Miniato dà voce da 62 anni a valori umani e cristiani sempre attuali. La preferenza per testi raramente rappresentati è caduta quest’anno su Bariona o il figlio del tuono, scritta da quel Jean Paul Sartre, esistenzialista e ateo, nella cui produzione esiste una sorta di parentesi: un racconto teatrale di matrice spirituale che ha come tema la nascita di Gesù, emblema della speranza che può salvare il mondo dalle ingiustizie e dalle barbarie dell’uomo. La stesura risale al 1940 quando, recluso in un campo di concentramento a Treviri, Sartre visse l’esperienza dell’orrore nazista. Un identico rifiuto del nazismo mi legava ai preti prigionieri del campo – disse in un’intervista del 1968 -. La Natività mi era sembrata il soggetto adatto a realizzare la più ampia unione possibile fra cristiani e non credenti. Il testo fu rappresentato dai prigionieri nel lager la notte di Natale e lo stesso autore si ritagliò il ruolo del re magio Baldassarre. Il protagonista, Bariona, è il capo ribelle di un villaggio ebreo piegato dall’oppressione imperiale romana. Per opporsi ad essa, egli impone agli abitanti di astenersi dal procreare, in modo tale che i romani in futuro regnino sulle nostre città deserte . Alla notizia, però, della nascita di un infante – indicato dalle profezie come il Messia, ma che egli bolla come una favola raccontata dai ricchi per opprimere i poveri – ordisce una trama per ucciderlo. Ma alla vista del bambino e della tenerezza della madre, abbandona ogni diffidenza. E, toccato dalla Grazia, si immola insieme ai suoi uomini guidando una rivolta contro i soldati di Erode per far fuggire quella nuova famiglia. Sorprende il poetico afflato religioso di Sartre inalcuni momenti della pièce: come quello della madre con in braccio il bimbo; oppure quando, guardandoli, esclama: Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi rassomiglia. Il regista Roberto Guicciardini, con una felice intuizione traspone l’ambientazione dalla Giudea romana al lager. Sopra il pigiama a righe dei reclusi, gli interpreti indossano i travestimenti per la rappresentazione generando però, talvolta, una dissonanza nel racconto. Si muovono su quattro piattaforme dislocate dentro un recinto di filo spinato e torrette che racchiude anche gli spettatori. Sebastiano Lo Monaco si prodiga con impegno nel ruolo principale. Ma il suo recitare è quasi sempre sopra le righe. E i suoi toni non variano di molto sia che reciti Pirandello, Shakespeare o Eschilo. Giunge al finale della conversione senza impennate. Rimane comunque la bellezza di un testo pregno, riscoperto. TERSICORE A ROMA Grandi nomi della danza contemporanea alla terza edizione di Tersicore. Nuovi spazi per la danza (all’Auditorium Conciliazione di Roma), in collaborazione con Romaeuropa Festival. Ad inaugurare il 27 settembre sarà Impromptus di Sasha Waltz, la coreografa che più ha rivoluzionato i canoni del Tanztheater tedesco con un approccio personale più leggero. Seguirà, il 14 e 15/11, la divertente e multietnica compagnia di Montalvo-Hervieu, con Gershwin. Altro grande evento sarà Bill T. Jones (4 e 5/12) e la sua Arnie Zane Dance Company, con Chapel/charter, una coreografia che fonde madrigali, canzoni folk e canto gregoriano, con immagini e video della vita quotidiana di Manhattan e di Harlem.
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