Un saluto allo storico Paolo Siniscalco: testimone e maestro
«A cena con il Prof. Paolo Siniscalco?» mi chiese incredulo un professore venuto ospite alcuni giorni a Rocca di Papa; «non avrei mai immaginato, che onore!», aggiunse. Alla fine della serata trascorsa con i coniugi Siniscalco, in un’accoglienza sincera e aperta alla condivisione, il noto storico, divenuto ormai “semplicemente” Paolo, imprimeva nell’animo dell’ospite una considerazione: «ora lo vedo ancora più grande!».
È questa l’esperienza che con sfumature diverse riecheggia alla notizia del ritorno di Paolo Siniscalco alla casa del Padre, il 20 luglio, all’età di 91 anni. A giustificare l’onore di averlo incontrato basta menzionare il premio Nazionale del Presidente della Repubblica per la carriera, assegnatogli quest’anno all’unanimità dall’Accademia dei Lincei.
Il ricordo dello studioso di alto profilo si coniuga inscindibilmente, nella gratitudine, all’apprezzamento per la dimensione profondamente umana della sua persona, aperta all’incontro con l’altro. Siniscalco, maestro e guida, si rivela, a un tempo, a persone di età e condizioni diverse, compagno di viaggio che sa porsi accanto con estrema finezza e umiltà per percorrere insieme il cammino, condividendo le domande, gli ostacoli, la faticosa ricerca della via.
Quanti hanno avuto modo di conoscerlo personalmente evidenziano così, a una sola voce, la «limpida testimonianza di studioso e di credente», la sua affabilità e capacità di dialogo, anche con i più giovani. C’è chi, conosciutolo in tempi recenti, giudica «indimenticabile» la sua persona per la «grande sapienza unita a una raffinata attenzione a chi aveva di fronte» e chi, frequentatolo per anni, prova a dare un nome alla sua vita, definendola «magnanimità», «umile e gentile, modesta e luminosa», rilevando con gioia quanto pur «in una vita di grande impegno risulti più forte ancora l’essere!». C’è poi chi, incontratolo nel campo professionale, lo giudica «un esempio, come studioso, come cristiano autentico, un amico, un padre». «Un papà sorridente – testimonia la figlia Mimma –, con quel sorriso luminoso che nasceva da dentro. Un papà incoraggiante, sempre positivo… Un papà irenico, in pace con sé stesso e pacificante. Un papà che sa ascoltare senza giudicare, che sa accogliere, rimasto giovane nella curiosità intellettuale».
Non è dunque solo la vasta articolazione della sua opera a rendere arduo il parlare di lui. Nato a Torino da madre del Monferrato e padre del Salernitano, Paolo coniugava nelle sue origini l’operosità nordica e la cordialità meridionale. Riconosceva a due professori del liceo quell’apertura all’universo della bellezza e al mondo del pensiero filosofico e religioso, che lo porta alla scelta della facoltà di Lettere e Filosofia. Allievo e poi attivo collaboratore di Michele Pellegrino, diventa nel 1968 libero docente di Letteratura antica presso la stessa Facoltà e vi rimane fino al 1976, quando viene chiamato all’Università di Roma La Sapienza, dove diverrà professore ordinario di Letteratura cristiana antica e poi di Storia del Cristianesimo.
Come provano le circa 400 pubblicazioni, è vasto l’orizzonte delle sue ricerche: dalle origini cristiane, ai Padri della Chiesa, ai contatti tra cristianità orientale e occidentale, ai rapporti tra Impero romano e Chiesa, alla storia della laicità cristiana.
Ha collaborato con studiosi di vari Paesi anche in una prospettiva interdisciplinare. Basti segnalare gli annuali Seminari Internazionali di Studi Storici “Da Roma alla Terza Roma”, creati nel 1981 insieme a Pierangelo Catalano, docente di Diritto Romano. Un’iniziativa scientifica in chiave interdisciplinare progressivamente caratterizzatasi come un efficace strumento di autocomprensione e di incontro tra il mondo d’Oriente e d’Occidente, la cui necessità e importanza è divenuta oggi drammaticamente attuale.
Sempre nel 1981, insieme alla moglie Lella, entra a fare parte del Movimento dei Focolari, nella branca dei “Volontari di Dio”, impegnati a portare il Vangelo nelle realtà umane. Una vocazione, questa, particolarmente rispondente alla sensibilità di Paolo, che con lo studio e la testimonianza di vita ha valorizzato la figura del laico. Lo contrassegnava, infatti, una viva e coinvolgente passione per la “costruzione della città dell’uomo”, l’anelito ad essere per il mondo, come ricorda la Lettera a Diogneto, quello che l’anima è per il corpo. «La laicità – notava Siniscalco – consiste nella responsabilità verso le realtà terrestri in quanto create da Dio, e perciò “buone”, e redente da Cristo, e quindi recanti “un germe di salvezza” in sé stesse».
Uno sguardo puro, il suo, impregnato della verità evangelica, capace di vedere negli accadimenti un filo di sviluppo e di senso della vicenda umana. E ciò con ottimismo non superficiale. Tale l’apporto che fino agli ultimi giorni della sua vita ha anche dato come storico al Centro studi del Movimento dei Focolari Scuola Abba, al Centro Chiara Lubich e alla rivista Nuova Umanità che ospiterà un suo articolo su Igino Giordani, figura a lui molto vicina: con gioia nel 2019 aveva accolto dalla Diocesi di Tivoli il Premio intitolato allo statista tiburtino.
L’incontro con Chiara Lubich, l’intenso rapporto personale e di collaborazione avuto con lei, la ricerca mai sopita di penetrare il suo carisma e la sua esperienza mistica, ha dato nuovo vigore alla sua figura di testimone autentico, integerrimo, della novità del cristianesimo. Lo si scorgeva nella gioiosa e sempre nuova scoperta – visibile anche nel suo rapporto familiare con Lella, i figli Mimma e Marco, gli amati nipoti – della presenza di Dio con noi e tra noi. Nell’ora del saluto a questo grande uomo che ha saputo farsi evangelicamente piccolo per accogliere e costruire il Regno di Dio, risuonano le parole del salmo che, in risposta a una sua richiesta, la fondatrice dei Focolari gli ha indicato come programma di vita: «Quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme!… Là il Signore dona benedizione e la vita per sempre» (Sal 133, 1. 3).
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