Un saluto al papà di Calimero

Carlo Peroni, creatore del celebre pulcino e di molti altri fumetti, è morto il 13 dicembre. Un maestro di umorismo, oltre che un geniale disegnatore
perogatt

In pochi ci pensano, ma anche i disegni hanno un papà. Ce l’aveva per esempio Calimero, il pulcino nero venuto fuori dalle officine di animazione dei fratelli Pagot. I Pagot gli hanno messo il nome e il marchio, ma non sono stati loro a dargli vita. Lavorava per loro un brillante e geniale disegnatore, dallo humour pungente e dalla creatività sconfinata, che in pochi tratti di matita diede vita al celebre personaggio: Carlo Peroni. È morto martedì, ad 82 anni. Così Calimero è rimasto orfano, e con lui tantissimi altri personaggi nati dalla sua penna. A partire proprio dall’ispettore Perogatt, da lui creato per il Giornalino a partire dagli anni Novanta. Peroni era tutt’uno con lo strambo ispettore che fuma una matita e ha sempre un gatto con sé, tanto che Perogatt è diventato il suo secondo nome: per molti addirittura il nome.

 

Sono moltissimi i personaggi che hanno preso vita dalla matita di Carlo Peroni: Calimero e Perogatt,, ma anche Slurp, Gianconiglio, Gervasio, Nerofumo, Paciocco, Draghiottino. Quando gli veniva chiesto se fosse affezionato a qualcuno in particolare – in fondo, come un padre non può preferire uno dei figli, così lui non avrebbe potuto dire di preferirne uno all’altro –, lui rispondeva: «Hai “quasi” ragione… ma ho i miei personaggi preferiti: Gervasio, Gianconiglio e soprattutto Slurp!». In sessant’anni di carriera – spalmati tra Corriere dei Piccoli, Il Giornalino, Tiramolla, il Guerin Sportivo, Cucciolo, Più, Il Vittorioso – ha dato vita anche alle storie di personaggi non suoi, come i Flintstone e Diabolik. E qui veniva fuori il suo humour, particolarissimo e originale: «Di giorno disegnavo Diabolik, e la notte per sfogarmi davo vita a Diabetik, la sua parodia».

 

D’altronde, «l’umorismo – diceva – è sempre stato al primo posto a casa mia: mio padre, anche se faceva un altro mestiere, era uno scrittore ma soprattutto un umorista. Per cui era quasi inevitabile che anche io ne fossi contagiato. Ma l’inizio vero e proprio non è avvenuto su un fumetto, ma in teatro: avevamo una compagnia di riviste ed ogni settimana presentavamo delle scenette umoristico-satiriche, con un grosso successo di pubblico. E proprio lì io avevo iniziato a proporre delle scenette nonsense: la gente allora non era preparata a quel genere, ma ben presto tutti ne furono entusiasti. Io ero un autore ed attore, quindi… mi divertivo moltissimo! Da grande, poi, ho provato a tradurre quel tipo di umorismo nei fumetti e spesso ero criticato, ma poi finalmente la gente capiva che quella era una maniera diversa di ridere. E ridevano veramente in tanti: dai ragazzi agli adulti». E spiegava poi che, sì, «una volta era un po’ più difficile far ridere con quel tipo di umorismo, ma ora il pubblico mi sembra pronto. L’ho constatato anche con la televisione. Qualche anno fa avevo fatto con mia figlia, che era produttrice, un programma tv chiamato Slurpiamo. Beh, abbiamo introdotto quel tipo di umorismo anche in televisione, e gli ascoltatori capivano e seguivano bene! Anche alla Rai, ad una trasmissione di qualche anno fa chiamata Solletico, io mi presentavo in prima persona e facevo disegnare e colorare ai ragazzi disegni umoristici. E loro si divertivano moltissimo!».

 

Ma quando aveva iniziato a disegnare Carlo Peroni? «Penso di aver cominciato a disegnare fin da prima di nascere… ho il sospetto di essere nato con la matita in mano. Praticamente, mentre i miei amici giocavano con le automobiline, io disegnavo…». La cosa più importante per lui – sosteneva – era l’amicizia. E lui ne aveva di amici, che gli si avvicinavano incoraggiati dalla sua disponibilità. Rispondeva a tutte le lettere, mandava consigli per i disegni. Ha formato – ma sempre sottovoce, senza prendersene mai il merito – generazioni di fumettisti. Sosteneva: «Per il mondo del fumetto, sarebbe un dramma se i lettori smettessero di leggere. Secondo me, però, i lettori leggono meno perché oggi non trovano niente di bello in edicola». Mentre per il mondo “reale”, sarebbe un dramma «se la gente smettesse di apprezzare il mondo della fantasia: con la fantasia il mondo può essere migliore».

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