Un salto triplo da oro
Da diverso tempo l’atletica italiana vive in costante affanno. Ai Giochi olimpici di Londra dello scorso anno, ad esempio, assenti i due migliori talenti delle ultime stagioni (ovvero la saltatrice in alto Antonietta Di Martino e il lunghista Andrew Howe), e complice il caso di doping che ha visto coinvolto il marciatore Alex Schwazer, è toccato a un “vecchietto” come il trentaseienne Fabrizio Donato, splendida medaglia di bronzo nella prova di salto triplo, salvare la spedizione tricolore di questo sport. Un bottino piuttosto magro, che ci ha fatto sentire davvero lontani, una volta di più, i tempi in cui dominavano la scena campioni come Pietro Mennea e Sara Simeoni, Alberto Cova e Francesco Panetta, Fiona May e Maurizio Damilano.
Poi, quasi per incanto, sin dall’inizio di questo 2013 sono arrivati dai nostri atleti imprevisti e molteplici segnali di vitalità. Diversi record italiani, prestazioni di buon livello internazionale, spesso compiute da giovani che potremmo definire come i protagonisti di una vera e propria “primavera azzurra”. Così, in occasione dei campionati europei indoor che si sono disputati a Goteborg nel fine settimana, i nuovi vertici federali (in carica dal dicembre scorso) hanno convocato una pattuglia abbastanza numerosa (40 atleti), composta in gran parte proprio da ragazzi e ragazze cui si voleva far fare soprattutto un’importante esperienza a livello internazionale. E la loro risposta è stata incoraggiante: cinque medaglie complessive, e dieci finalisti con un’età media complessiva inferiore ai venticinque anni. Davvero un bel segnale.
Su tutti ha brillato Daniele Greco, ventiquattro anni compiuti proprio venerdì scorso, che si è aggiudicato la medaglia d’oro nel salto triplo con una misura (17.70) che ne fa automaticamente uno degli atleti da battere ai prossimi campionati del mondo che si disputeranno la prossima estate a Mosca (dal 10 al 18 agosto). Quest’anno, dopo il brillante quarto posto conquistato alle Olimpiadi dello scorso anno proprio alle spalle di Donato, Daniele era atteso al definitivo salto di qualità. Ma tra il dire e il fare, soprattutto se si è ancora piuttosto giovani, ce ne passa. Invece questo ragazzo di Galatone, in provincia di Lecce, ha cominciato subito la stagione con il piede giusto, e sabato, nonostante alcuni acciacchi (in particolare una compressione alla caviglia sinistra), ha vinto il titolo continentale indoor con una misura e una sicurezza da vero campione. E grazie ad un punto di forza particolare …
Terminata la gara, infatti, il nostro atleta ha baciato il crocefisso che porta al collo, si è inginocchiato in un attimo di ringraziamento, e poi si è tolto la maglia azzurra e ha cominciato a festeggiare sventolando la bandiera tricolore. Il tutto, esibendo una t-shirt bianca da lui stesso preparata con delle scritte a mano in inglese (davanti, la scritta «Gesù vive in me», dietro «Tutto io posso in colui che mi dà la forza»). Chi lo conosce da vicino, non si è stupito più di tanto, perché Daniele è da sempre un ragazzo profondamente religioso. Uno, tanto per intenderci, che la domenica canta in parrocchia durante la Messa, che tra le applicazioni del proprio telefonino ne ha anche una con il testo dell’Antico testamento e dei Vangeli, per averli sempre a portata di mano. «Ho la fede che mi sostiene – ha spiegato più volte Daniele –, mi affido unicamente a Dio. E magari un giorno mi farà capire anche il senso della morte di mio fratello Davide avvenuta quando aveva solo 17 anni».
A Goteborg altre soddisfazioni per i nostri colori sono arrivate poi grazie alle prestazioni di due venticinquenni specialisti degli ostacoli: Paolo Dal Molin (nato in Camerun, cresciuto in Italia nell’Alessandrino, ma che ora risiede e si allena in Germania), e Veronica Borsi (romana, molto condizionata negli anni scorsi a causa di un grave infortunio al tendine d’Achille sinistro avvenuto nel 2005). Entrambi i ragazzi hanno conquistato una medaglia nei 60 metri a ostacoli (Paolo quella d’argento, Veronica quella di bronzo). Medaglia di bronzo, nei 60 metri piani, anche per il ventitreenne vicentino Michael Tumi, un giovane che si è affacciato solo quest’anno alla ribalta internazionale e che sogna di diventare il secondo uomo bianco della storia a correre sotto i dieci secondi nei 100 metri. Stesso colore di medaglia, infine, anche per la ventinovenne palermitana Simona La Mantia, già campionessa europea indoor nel 2011.
E i protagonisti di questa inversione di tendenza dell’atletica azzurra non finiscono qui. All’orizzonte, infatti, si affacciano tanti altri giovanissimi ragazzi e ragazze in grado di regalarci in futuro grandi soddisfazioni. Si va da Alessia Trost, diciannovenne saltatrice in alto di Pordenone che quest’anno ha già superato i 2 metri (terza azzurra di sempre dopo Simeoni e Di Martino), a Roberta Bruni, saltatrice con l’asta che venerdì prossimo compirà diciannove anni e che lo scorso anno ha vinto il bronzo ai mondiali juniores, senza dimenticare Silvano Chesani, ventiquattrenne trentino che quest’anno ha eguagliato il vecchio primato italiano di salto in alto. Grazie a giovani come questi, un’aria nuova, un entusiasmo contagioso, sembra pervadere da alcuni mesi l’atletica italiana. Se son rose fioriranno.