Un Rossini da non perdere

Roberto Abbado dirige al Teatro dell'Opera a Roma il poco noto "Maometto II". Allestito da Pier Luigi Pizzi, col tenore argentino Juan Francisco Gatell e Alisa Kolosova
Roma

Quando fu riscoperto, trent’anni fa, Maometto II apparve subito un capolavoro assoluto. Ora è arrivato a Roma, al Teatro dell’Opera, diretto con cura scrupolosa da Roberto Abbado – nipote di Claudio e molto dotato anche come interprete di musica contemporanea – e allestito con stile neoclassico da Pier Luigi Pizzi: un tempio circolare – come quello di Baalbek – in rovina, scene di un grigio perla, essenziali, costumi da tragedia greca. Un allestimento misurato, tale da far risaltare la musica, che è bellissima. Il Maometto, due atti di Cesare della Valle – la “prima” a Napoli nel 1820, una seconda edizione a Venezia (con finale lieto), e poi l’adattamento parigino diventato “L’assedio di Corinto” –, narra una tragedia storica e familiare: Anna, figlia del comandante veneziano Erisso, scopre che il suo amato è in verità il nemico Maometto, che sta assediando Negroponte dove lei vive col padre e il guerriero Calbo. Si sacrificherà per la patria.

Rossini dà il via ad un esperimento tragico di solenne grandiosità, con scene d’insieme lunghissime che diventano autentici tableaux musicali di immenso respiro. Un’orchestra densa di invenzioni timbriche, un uso sofisticato dei legni e degli ottoni, un continuo variare della fantasia sia nei recitativi accompagnati come nelle arie e soprattutto nei concertati, incantano e stupiscono per forza drammatica e impeto lirico. Le linee vocali ornate e variate all’infinito non sono una reinvenzione barocca, un virtuosismo canoro fine  a sé stesso, ma dicono una emotività appassionata. La passione, infatti, per quanto nelle consuete pareti delle “forme chiuse”, tende a forzarle per dare il via a una rappresentazione-contemplazione in bilico fra sentimento, ragione e dramma, bella e luminosa.

E veniamo agli interpreti: Juan Francisco Gatell è un tenore argentino dalla bella voce ampia, delicata, e gioca bene nel ruolo del padre Erisso, in una parte che non gli riserva brani solistici ma appassionati recitativi; Alisa Kolosova è un contralto dalla voce sonora e calda, come Calbo; mirabile il basso Roberto Tagliavini, in scena e in voce, melodioso e forte, un belcantista nato; straordinaria e dal timbro purissimo Marina Rebeka, una Anna attrice struggente e cantante perfetta  in una parte difficilissima che la vede di fatto quasi sempre sul palcoscenico.

L’orchestra, bisogna dirlo, ha faticato nel prim’atto, liberandosi da una certa pesantezza nel secondo, molto migliore, e forse occorre dire che il Rossini serio abbisogna nelle orchestre – in genere – di allenamento, per trovare il giusto suono (sempre leggero con lui), il giusto colore e ritmo. Lo stesso si dica del coro. Spettacolo da non perdere per la bellezza della musica e la qualità degli interpreti. Repliche: 3, 5, 6, 8 aprile.

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