Un rinnovo
Franca è una signora della mia parrocchia; da alcuni anni è abbonata a Città Nuova e durante l’anno, quando ci si incontra, non manca di raccontare quanto apprezzi la rivista che legge dalla prima all’ultima pagina, desiderando anche di regalare un abbonamento a una persona amica.
Quest’anno, per un cambiamento di programma e vicissitudini legate alla sua e alla mia famiglia, le occasioni di incontro si sono diradate, tanto che quando è iniziata la campagna abbonamenti, sentivo che non avrei potuto telefonarle solo per chiederle di rinnovare l’abbonamento, ma semplicemente proponendole di incontrarci, per stare un po’ insieme.
Così, un giorno, decido di passare a trovarla. Ho quaranta minuti a disposizione e desidero poterli dedicare a lei. Appena mi accoglie mi rendo subito conto che qualcosa è cambiato; davanti a me non vedo più la persona gioiosa ed esuberante che mi aspettavo; mi appare con il volto stanco e segnato. Il calore nei miei confronti è però lo stesso e mi offre un caffè accompagnato da una fetta di dolce appena sfornato.
«Sai – mi dice – non riesco più a leggere Città Nuova come una volta. Non ne trovo più il tempo e soprattutto non ho più l’entusiasmo». «Aiah – mi viene da pensare – questo è un esordio per dirmi che non è più disposta a rinnovare…», ma accantono subito il pensiero: sono qui per lei, per volerle bene e basta.
Appena la figlia esce di casa e Franca sa di essere sola, apre – come si suol dire – il sacco e inizia come un fiume a travolgermi con la sua pena. Mi racconta questi suoi ultimi mesi, in cui hanno riaccolto in casa una figlia che, separata dal marito, è in preda ad un forte esaurimento e sta letteralmente prosciugando le energie dei propri congiunti.
Il tempo passa veloce mentre Franca continua a raccontare, quasi uno sfogo liberatorio che accolgo nel mio cuore più che posso. Verso la fine riesco a dirle due parole, quello che il cuore mi suggerisce.
«Tieni – mi dice mentre mi sto congedando – rinnoviamo l’abbonamento». Non ci stavo pensando più… Mi allunga dei soldi, ma so di non avere il resto da darle. «Non importa, me lo porterai». Ci salutiamo con un abbraccio.
Più tardi, a casa, scelgo un biglietto, il più bello che possa trovare e, con la scusa di doverle restituire alcuni euro, le scrivo per ringraziarla di questo momento di comunione in cui ha voluto donarmi il suo dolore. Il giorno dopo passo ad imbucarlo. Presto trova il modo di telefonarmi per ringraziarmi a sua volta.
Sento che Città Nuova anche questa volta è stata solo una scusa!