Un regalo per San Valentino
Oltre alle rose, alla cenetta romantica, e a gli svariati ingredienti che rendono piacevole il festeggiamento del vostro amore nel giorno di San Valentino, ve ne suggerisco uno. Non storcete il naso se vi porgo tra le mani il vecchio libro sacro della Bibbia. Vorrei sfogliare con voi qualche pagina del Cantico dei Cantici, poi mi direte. È un libro che è sempre stato interpretato in modo allegorico, che probabilmente riprende in alcune parti canti antichi usati nei festeggiamenti nuziali, ma che in ogni caso dà grande valore all'amore dei due giovani protagonisti del poema. Lei chiama lui con un vezzeggiativo, che in ebraico suona: dodì, “amore mio”, “preferito”, “prediletto”. Lui la chiama: rahjatì, “mia amata”, “mia compagna”, “amica mia”. È un amore giovane, che sa di splendore, che coinvolge, anche la natura sembra partecipare all’esuberanza dei due amanti: «l'inverno è passato, è finita la stagione delle piogge, i fiori sono apparsi sulla terra, il tempo del canto è arrivato e si ode nella nostra terra la voce della tortora. Il fico ha maturato i suoi frutti e la vite in fiore spande la sua fragranza».
Lei, bruna di capelli e scura di carnagione, si rivolge a lui con passione: «Vieni, dodì, andiamo in campagna, passiamo la notte tra i cipressi.Andremo nelle vigne; vedremo se fiorisce la vite, sbocciano i fiori, fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore!» Lui: «Volgiti, voglio ammirarti. Come sei bella. Come son belli i tuoi piedi, nei sandali, figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come monili, opera di mani d'artista. Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino drogato. Il tuo ventre è un mucchio di grano, circondato da gigli, i tuoi seni come due cerbiatti, gemelli di gazzella ».
Lei: «Mi baci con i baci della tua bocca! Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino».Lui: «Quanto sono soavi le tue carezze, rahjatì, sposa, quanto più deliziose del vino le tue carezze».Lui: «Come sei bello, dodì, quanto grazioso! Anche il nostro letto è verdeggiante.Il mio dodì è per me un sacchetto di mirra, riposa tra i mei seni». Lei lo guarda teneramente, e sussurra: «Ponimi come sigillo sul tuo cuore, perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione». Lui : «Ponimi come sigillo sul tuo braccio, perché le vampe dell’amore son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!».Lui: «Io sono del mio dodì e il suo desiderio è per me. Le mandragore spandono la loro fragranza e ogni delizia, nuova e antica, mio amato, l'ho serbata per te».
Non compare la parola “Dio” nel Cantico dei Cantici. Ma ben diciotto volte la parola ahavah, amore, o suoi derivati. Perché questo canto è tra le pagine del libro sacro? I motivi sono dibattuti, e gli esegeti discutono. Ma Rabbì Aqiba, uno dei padri del giudaismo, che d’amore se ne intendeva, diceva: «Tutto il creato non vale il giorno in cui il Cantico dei Cantici fu dato a Israele. Tutta la Scrittura è santa, ma il Cantico dei Cantici è santissimo».
Questo, dunque, il mio suggerimento per oggi. E chissà che alcune coppie di innamorati, alcune coppie di sposi non lo ritengano del tutto inutile? Inoltre, alle coppie più anziane, che hanno vissuto una lunga vita assieme – e che mi provocano sempre tanta invidia e tanta commozione – vorrei dedicare qualche strofa d’una poesia di T.S. Elliot, Una dedica a mia moglie. Perché queste coppie certamente conoscono, apprezzano e saprebbero condividere con i più giovani, la bellezza della gioia che dà «il ritmo che governa il riposo durante il sonno, del respiro all’unisono, di amanti che pensano gli stessi pensieri senza bisogno di parole e balbettano lo stesso discorso senza bisogno di significato». Buona festa a tutti!