Un referendum inutile e fuori tempo

Il parere di un industriale emiliano che reputa il quesito referendario inadeguato a cogliere la sostanza dei problemi e le sfide future in campo energetico e non solo
referendum trivelle

Il “No Triv” è un curioso slogan politico-ecologista contro trivelle inesistenti, per far svolgere un referendum per persone deluse. Ho letto un bel articolo che analizza le varie posizioni, concludendo: «Ciascuno si sentirà in dovere di scaricare nell’urna le sue frustrazioni». Per chi è orientato a votare “No” l’analisi del giornalista lo supporta. Chi è per il “Sì” (confonde estrazione con depurazione), si fidi della felice sintesi di Grillo («Votate Sì, e non chiedetevi perché»). Chi punta all’astensione ascolti Renzi, bravo a sfidare la celebre locuzione di Craxi: «Andate al mare!», primo passo verso il baratro.

  L’aspetto che privilegio del referendum popolare è la necessità di fare una sintesi su argomenti alti e molto complessi. Le élite odiano i referendum perché, a differenza del popolo, loro non sanno fare le sintesi. Così sarà anche questa volta, non andando a votare il popolo dimostrerà che tale referendum non s’aveva da fare. Per me, qualsiasi risultato esca dalle urne è irrilevante, perché i fautori delle tre posizioni, si basano su un’analisi del passato.

 Un’altra chiave di lettura: gli uni considerano l’energia strumento per lo sviluppo, ipotizzando una crescita perenne (che non tornerà più), gli altri vogliono difendere l’ambiente (come se le alternative non fossero inquinanti). Se ipotizzi uno scenario con un respiro a 50 anni, e assumi il permanere del modello in essere, scopri che l’energia sarà comunque una commodity (locuzione anglosassone che descrive ogni tipo di merce o materia prima tangibile e fruibile sul mercato, facilmente immagazzinabile e conservabile nel tempo ndr). non più strategica. Il potere non ha come target lo “sviluppo”, ma il “consolidamento” (Marchionne style), con un modello basato sul contenimento dei costi e la massimizzazione dei profitti. Il cittadino non è più un lavoratore/imprenditore, ma ricondotto allo status di “consumatore a basso reddito” (pensioni, reddito di cittadinanza, bonus). Vivremo in un altro mondo. Il vero referendum sarà quello d’autunno sulle riforme costituzionali, questo è fuffa.

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