Un progetto per chi non ha smesso di cercare
Il 12 novembre a Ciampino ha preso il via il progetto "Zattere". Intervista con Adonella Monaco, regista di teatro e ideatrice del primo appuntamento nato dal libro "La storia di Dio e la mia" di Città Nuova che ha unito una lettura laica della Bibbia alla storia di un teologo nella Cuba di oggi
Partire dal testo biblico per un confronto aperto e laico, iniziando dalle domande ineludibili sull’esistenza e il senso della vita. È questo il progetto di "Laboratori riuniti", diretti da Adonella Monaco – regista e interprete teatrale che ha nel suo bagaglio anche esperienze e lavori a livello internazionale –, ed una laurea in chimica, come a segnare la necessità di entrare nella struttura
interiore delle cose.
Sabato 12 novembre ha lanciato il progetto "Zattere" a partire da un testo incentrato sulla Bibbia: il libro La storia di Dio e la mia, edito da Città Nuova, che raccoglie la singolare esperienza di dialogo vissuta nella Cuba odierna da Fabio Ciardi, teologo e missionario italiano.
Per una persona che si definisce in ricerca, per non usare l’espressione "non credente", si tratta di un’iniziativa che non può non far sorgere qualche perplessità e dubbio ad amici e colleghi, così come a chi del testo sacro considera opportuno solo l’approccio canonico delle liturgie. Eppure nel contesto di un paesaggio post industriale, come i locali della dismessa cantina sociale di Ciampino, è bastato ascoltare alcuni brani del libro di Giobbe, letti e introdotti da Adonella Monaco, per avere l’impressione di ascoltare un messaggio per la prima volta. Rispondendo a questa provocazione le abbiamo rivolto alcune domande.
Da cosa nasce questo progetto di lettura laica del testo biblico?
«Semplicemente dal bisogno di ascoltare e di attraversare uno dei testi fondamentali dell’umanità, fonte di ispirazione di tutta la tradizione artistica occidentale, di riconoscerlo come tale e quindi appropriarsene. Al di là del proprio credo, per riflettere insieme sui drammi essenziali relativi al divenire di ogni persona e per costruire una convivenza più autenticamente umana».
Perché “Zattere”? Forse perché siamo dentro un naufragio?
«Opere, vissuti… a cui aggrapparsi, ogni tanto, per respirare, nutrirsi, riposarsi, riflettere e da abbandonare poi, per gettarsi di nuovo nei marosi. No, non un naufragio, ma un viaggio interminabile, un’esplorazione con strumenti essenziali verso mete sconosciute ma universali».
Di solito nel mondo cattolico quando si fa qualcosa assieme a chi non crede si usa l’espressione "uomini di buona volontà". È una definizione appropriata?
«Forse può essere intesa come una parzialità, il rivolgersi soltanto ad alcuni. Sarebbe auspicabile incontrare chi semplicemente si considera un possibile soggetto dialogante e non sa o non vuol sapere se è donna/uomo di buona volontà»
Come mai il progetto inizia a Ciampino, un "non luogo" per eccellenza? Una periferia conosciuta solo per il suo aeroporto?
«E perché no? Ciampino è nella mia biografia. Come luogo di transito e per la sua storia ha come vocazione quella di essere un laboratorio di dialogo, spesso non riconosciuto, anzi, negato, talvolta, dai suoi stessi cittadini.Creare esperienze e azioni artistiche in luoghi non vocati, moltiplicare gli spazi fisici e virtuali nella cultura della reciprocità, credo sia obiettivo primario di che ritenga fondante cercare insieme una dimensione pubblica non discriminante, che sostenga il camminare con le persone e il dare senso alla nostra comune inquietudine. È stato, per scelta personale e per necessità di artista, il luogo da cui partire».