Un premio a don Villa
«Che cosa significa per me questo premio? Semplicemente che ho degli amici che, come tutti gli amici, fanno il tifo per me». Ci scherza su don Antonio Villa, parroco comasco da oltre quarant’anni a Tarcento (Udine), quando gli si chiede un commento sul riconoscimento del prestigioso Ambrogino d’Oro. L’onorificenza, attribuitagli dal comune di Milano, gli sarà consegnata il prossimo 7 dicembre nel capoluogo lombardo; e vuole riconoscere il suo lavoro in questa zona remota del Friuli. Un lavoro che lui si era immaginato “a tempo” quando da giovane prete, nel 1976, arrivò a Tarcento su invito di don Giussani per dare una mano alla popolazione a risollevarsi dopo il sisma: nella fattispecie con una scuola, fondamentale affinché le famiglie potessero rimanere sul territorio e contribuire alla costruzione invece di emigrare altrove per poter dare un’istruzione ai figli. E invece, sentendo rivolto anche a lui l’evangelico «Volete andarvene anche voi?» di Gesù ai discepoli – letteralmente, perché gli abitanti del luogo fecero proprio questa domanda a tanti dei volontari accorsi lì – don Villa è rimasto, lasciando definitivamente il suo precedente incarico di parroco diocesano a Milano; e 42 anni dopo la scuola media paritaria “Monsignor di Gasparo” è ancora lì, così come don Villa è tuttora parroco di Vedronza, Pradielis, Musi, Cesariis e Uccea.
La scuola, con un modello educativo improntato all’annuncio evangelico e alla cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti (non a caso si definisce “cooperativa scolastica”), gode di molta stima e considerazione in zona; tanto che ci sono le liste d’attesa per potervi entrare – il numero chiuso è reso necessario dagli spazi ristretti, che consentono di avere soltanto tre classi. Ma non è sempre stato così: «Inizialmente c’era una certa ostilità – ricorda don Villa – perché questa scuola era vista come qualcosa di “diverso”, di “libero”. Ora le cose sono cambiate: la maggior parte degli alunni è di Tarcento, ed è figlia di ex studenti, che evidentemente hanno riconosciuto la validità del modello educativo e dell’annuncio ricevuto». Ed è appunto sul tema dell’annuncio che il parroco insiste: «Finché avrò fiato, darò alle nuove generazioni, che spesso sono sorde, l’annuncio del Vangelo. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e oggi papa Francesco hanno parlato e parlano di “nuova evangelizzazione”: e spesso abbiamo creduto che fosse solo un problema di parole, che bastasse modificarle. No, il Vangelo è sempre quello anche nelle sue parole, ma per avere una “nuova evangelizzazione” è appunto al Vangelo stesso, alle origini che dobbiamo tornare».
All’epoca la scuola è nata con il proposito di aiutare a risollevarsi dal terremoto: ma ci sono oggi altri “terremoti” con lui la scuola si confronta? «Sicuramente – conferma don Villa –, primo tra tutti l’emergenza educativa: che non solo non è finita, ma non è nemmeno mai stata davvero colta. Né dagli insegnanti, né, parlando di una scuola cattolica, da alcuni componenti della gerarchia ecclesiastica: spesso mi sono sentito dire che “non bisogna esagerare” con il realismo nell’annunciare il Vangelo, e la stessa linea di “non esagerare” viene seguita da molti anche nell’educare in senso lato. Ma questo “fare l’occhiolino al mondo” è un errore».
Premio o non premio, comunque, don Villa resterà qui e continuerà la sua opera: «Per altri quarant’anni, se Dio mi darà la grazia», conclude ridendo.