Un pozzo per dare speranza

A Fermentin, in Albania, grazie ad un progetto partito dalla provincia di Trento, gli abitanti hanno accesso all'acqua potabile
pozzo

Anche nei momenti di crisi, come quello del nostro presente, sono sempre vivi sentimenti di solidarietà nei confronti del prossimo. Spesso non conosciamo le condizioni di vita di quelle persone che, fino a non molto tempo fa, vivevano all’ombra della falce e martello. L’Albania è uno di quei Paesi, vicini al nostro, che soffrono a causa della povertà e della scarsa alfabetizzazione.

 

Grazie all’impegno di molti volontari, la speranza di una vita migliore è presente nelle menti di coloro che vivono quella miseria che a volte i media non raccontano. Ma è grazie a piccoli gesti di solidarietà che abbiamo l’occasione di conoscere realtà difficili, che quotidianamente sono sfidate dalla buona volontà di persone che lavorano per il prossimo.

 

Suor Mirella Moser, originaria di Lavis (Trento) è fra quelle donne che hanno deciso di dedicare la vita al prossimo. Assieme ad alcune sorelle (Pastorelle del Buon Gesù), gestisce una missione a Fermentin, periferia della città Scutari, dove la convivenza fra cattolici, ortodossi e musulmani è pacifica. Le condizioni di vita non sono facili e attorno alla missione gravitano circa 450 famiglie, con una media di 5-6 figli, prive di quelle cose che a noi sembrano scontate. L’elettricità scarseggia, l’acqua potabile è un miraggio e l’assistenza sanitaria è garantita solo da una bustarella.

 

Mirella e le compagne, grazie all’aiuto di due maestre albanesi, la mattina fanno scuola ad una cinquantina di bambini cristiani. Nel pomeriggio la missione rimane aperta per tenere i giovani lontani dalle strade, e i musulmani vi si appoggiano per l’assistenza medica. Le famiglie, che spesso vivono in abitazioni ricavate nelle fabbriche abbandonate, si riscaldano e cucinano con fornelli elettrici: le ustioni ovviamente sono all’ordine del giorno.

 

Uno dei problemi principali era la mancanza d’acqua potabile, risolto un anno fa grazie alla costruzione di un pozzo profondo trenta metri all’interno della missione. «Tutti i giorni – racconta Suor Mirella – c’è una coda lunghissima. Tutti giungono anche da molto lontano con carretti ed altri contenitori per raccogliere l’acqua». L’opera, costata 28 mila euro, è stata possibile grazie ai contributi della Provincia autonoma di Trento e dalle offerte raccolte mediante il progetto «Solidali per la Solidarietà»: un’iniziativa annuale promossa dal comune Lavis per raccogliere offerte da destinare nelle zone disagiate del mondo.

 

Il 20 giugno l’arcivescovo metropolita di Scutari, monsignor Angelo Massafra, è venuto a Lavis per ringraziare di persona tutti quelli «che nonostante la crisi hanno collaborato ed hanno creduto nel progetto». Massafra ha voluto raccontare le difficoltà che gli albanesi cattolici hanno incontrato durante la dominazione ottomana e le atrocità subite sotto il regime comunista del dittatore Enver Hoxha. Fra il 1946 e il 1990, a causa delle persecuzioni religiose, il regime ha regalato alla chiesa cattolica 38 martiri: persone che hanno dato la vita per difendere la fede e la dignità umana.

 

Italiano di nascita ma albanese nel cuore, Massafra ha spiegato che «siamo uno stato democraticamente bambino, e per questo c’è molta strada da fare. C’è molta povertà, nelle periferie delle città manca l’acqua e la rete fognaria e i villaggi sono abbandonati a se stessi. La convivenza religiosa però è pacifica, e questo è possibile anche grazie all’intervento preventivo dello stato attraverso le intercettazioni per fermare i predicatori di odio e di guerra. Ci sono state delle infiltrazioni terroristiche che non hanno però avuto il consenso della gente. Non ci sono fratture etniche perché quello albanese è un solo popolo nel quale convivono tre confessioni: cattolici, ortodossi, e musulmani. Non è possibile – ha concluso – concepire l’Albania senza chiese e senza moschee».

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