Un popolo in Campidoglio
È un libro nato tra Roma e Milano, quello di Enzo Maria Fondi e Michele Zanzucchi (nostro caporedattore), Un popolo nato dal Vangelo. Chiara Lubich e i Focolari, edito dalla San Paolo, arricchito da un lungo saggio introduttivo della stessa fondatrice del movimento. Si riteneva quindi logico presentarlo nelle due città. Cosa che è avvenuta, per la tenacia dell’editore, don Vincenzo Santarcangelo. A Milano, a novembre, nell’Aula magna della Statale l’avevano presentato Giorgio Rumi, Giuliano Vigini e Paola Vismara (cf. Città nuova n° 23/2003). A Roma, il 13 febbraio, ne hanno parlato mons. Josef Clemens, neosegretario del Pontificio consiglio per i laici, il fondatore della Comunità di sant’Egidio, Andrea Riccardi, e il sindaco della capitale, Walter Veltroni. In realtà, nella prestigiosa sala della Protomoteca – collegata via video con l’attigua Piccola Protomoteca, per accogliere gli oltre settecento presenti -, non si è tanto presentato il volume pur apprezzato, quanto si è istaurato un dialogo tra i relatori – coordinati da Elio Guerriero della San Paolo – e Chiara Lubich, presente in sala. Se mons. Clemens ha sottolineato l’ecclesialità dei Focolari attraverso ampie citazioni del magistero, Andrea Riccardi ha svestito i panni dell’amico per rivestire quello dello storico, mentre Veltroni ha fatto il contrario, presentandosi come amico di Chiara prima ancora che da sindaco della capitale. Materia familiare è stata quella trattata da mons. Clemens, quando ha ripreso le pagine del libro dedicate all’avventura dei Focolari nell’Oltrecortina: Viene in evidenza un elemento molto importante della spiritualità dell’unità – ha detto -: precedere con i fatti la parola, precederla con la testimonianza vissuta, con l’amore concreto verso il prossimo. Fatti, non parole. O, meglio, fatti e poi eventualmente parole, è scritto. In questo modo si apre il cuore dell’altro, il quale si pone la domanda: Perché fate questo, o in ultima analisi: perché mi amate?. Ecco il segreto: L’amore per Gesù abbandonato. L’autore del libro aggiunge: Non c’era nessun anticomunismo dietro la decisione di superare la cortina di ferro, ma solo l’amore per il Dio morto in croce che gridava al Padre il suo abbandono. Così, ha concluso mons. Clemens, la spiritualità dell’unità non esclude nessuno, non si chiude davanti a nessuna realtà (“), s’impegna a superare i confini di ogni genere. Una risposta plausibile a due secoli di ricerca sul ruolo dei laici nella chiesa. Questa invece è stata la tesi di Andrea Riccardi, che ha sottolineato la grande intuizione della Lubich di costituire un popolo, e non una congregazione o qualcosa di esclusivo: Il Movimento dei focolari è un popolo – ha detto -, la cui vita è premessa di tante e diverse avventure storiche. Da qui il primato della costruzione di questo popolo nel mondo intero, di cui questo libro è una ricca illustrazione (“). Non è disinteresse per la realtà, ma convinzione che la costruzione di un popolo è già di per sé un grande contributo. E si vedono le difficoltà degli anni Sessanta-Settanta, quando – specie nei paesi più poveri – si poneva il problema se non impegnarsi per la giustizia rispetto a quello che poteva essere il lavoro religioso. Riccardi ha portato l’esempio del 1964, a Recife: Chiara bruciava nel cuore a vedere quella miseria e confidò che voleva abitare in mezzo a loro. I focolarini le chiesero di concentrarsi tutti nella vita del mocambo, ma ella – è scritto nel libro – fece capire loro che quella non era la via: essi dovevano infatti dapprima costruire la comunità, e poi sarebbe stato tutto il movimento a occuparsi dei poveri. Sembra una sfumatura da niente, ma chi conosce i dibattiti infuocati di quei tempi e le lacerazioni, può cogliere un giudizio sapiente: il primato della costruzione di un popolo. Se il problema era senz’altro quello di aiutare i singoli poveri, il tutto era partito con un programma ben preciso: volevamo concorrere a risolvere il problema sociale della nostra città. Il sindaco Veltroni ha scelto questa affermazione di Chiara Lubich contenuta nel libro per evidenziare una delle valenze dei Focolari: C’è nella tua esperienza un costante legame tra la dimensione concreta del singolo e la dimensione collettiva. E persino la dimensione di sogno, che quest’ultima richiede. Un sogno che era cominciato come una fiaba dalla piccola casetta di Trento (che è anche la dimostrazione che le fiabe si realizzano), per dare origine a un grande movimento. Un movimento che è grande perché è grande la sua ragione e la sua identità, perché nella sua crescita ha corrisposto e corrisponde ad una grande domanda (“): il bisogno di dare un senso alla nostra esistenza. A me pare che in questa società il senso dell’esistenza stia nel fatto di incontrarsi; ciò dà un senso all’esistenza, aiuta a sentirsi meno soli. L’atmosfera nelle due Protomoteche, come notava un magistrato, era calorosa e familiare, come attorno ad un focolare. Come nella casetta di Trento. Forse Chiara Lubich aveva in mente proprio quel luogo quando, invitata a salutare i presenti, ha ricordato come lei, più di chiunque, sappia che tutto è dovuto a Dio, solo a lui.