Per un Patto educativo globale… non globalizzato
Global Compact on Education (Gce): un patto globale per raccogliere in modo positivo, con creatività e prospettive a lungo termine, il forte disagio che si avverte nel mondo dell’educazione. Non si tratta di un problema occidentale. Lo stesso Bergoglio lo aveva già raccolto in Sud America e aveva per questo lanciato il progetto Scholas Occurrentes (2001). Il processo che ha portato a questa dinamica è partito da una richiesta presentata in Vaticano da un gruppo di ebrei (rabbini) che si sono fatti portavoce dello stesso senso di disagio presente all’interno della cultura educativa ebraica.
Dopo vari passi iniziali e alcune realizzazioni, limitate a causa della pandemia, si è avviata una serie di iniziative che hanno evidenziato la necessità di mettere a fuoco cinque aree operative: dignità e diritti umani, fraternità e cooperazione, tecnologia ed ecologia integrale, pace e cittadinanza, culture e religioni.
Ognuno di questi ambiti è stato affidato, per il suo sviluppo e per la messa in opera di una rete di università ed istituzioni che agiscano nel settore specifico, a due università di diverse parti del mondo. L’Istituto Universitario Sophia di Loppiano è, insieme alla Santo Tomas University di Manila, il referente del filone culture e religioni.
La due giorni (30 maggio-1 giugno 2022) svoltasi all’interno della Casina San Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze, nel cuore dei Giardini Vaticani, ha raccolto i rettori ed i referenti di dieci università di diverse parti del mondo, oltre ad altri esperti del settore educativo. È stata l’occasione per una riflessione a più voci e da diverse prospettive, sollecitata già in sede di apertura dei lavori da una breve considerazione del prof. Zamagni, presidente dell’Accademia delle Scienze, e da cinque intellettuali di grande livello.
Le riflessioni e le analisi del mondo attuale sono state di grande spessore, profonde e stimolanti, anche se si è avvertita l’assenza di chiavi di lettura dei diversi angoli del mondo. È, comunque, venuto in evidenza come le cause che non permettono processi educativi adeguati alle sfide attuali siano provocate dall’utilitarismo imperante a cui dovrebbe corrispondere, come osservava Zamagni, una “con-azione” (conoscenza-azione).
La scienza ha infatti senso se è finalizzata all’azione, e questa se è fondata sulla conoscenza. Inoltre, più che imporre modelli di comportamento si dovrebbero offrire degli esempi credibili ed imitabili e garantire un insegnamento interdisciplinare. Inoltre, sta emergendo sempre più chiaramente – e non solo in contesti religiosi – che ormai non si può pretendere di conoscere e capire il mondo senza tener conto del ruolo che fedi e tradizioni religiose stanno esercitando su singoli e gruppi a diverse latitudini.
In tal senso, è evidente come, se in piena Guerra Fredda Giovanni Paolo II aveva intuito il ruolo delle religioni per costruire processi di pace, papa Francesco analogamente ha colto, da parte sua, la potenzialità creativa del fenomeno religioso nel contesto educativo e formativo. Il suo paradigma di fraternità è ormai una categoria geopolitica di riferimento importante, come d’altra parte anche il suo costantemente invocato “prendersi cura” si sta presentando come chiave essenziale per la governance. In contesti così complessi emerge anche l’intuizione chiara del sociologo francese Edgar Morin: siamo arrivati al punto di “dover ripensare il pensiero”.
Alla luce di queste sollecitazioni, le università referenti per il Gce hanno presentato la loro azione, impegno e prospettiva, oltre ai passi compiuti per mettersi in rete con altri. I risultati sono più che incoraggianti. Esiste già un impegno notevole a più livelli con una miriade di costellazioni di buone pratiche e success stories nei diversi ambiti. Ovviamente non siamo che agli inizi, ma un libro di esperienze è già stato raccolto e pubblicato e su questo si può già iniziare una riflessione, oltre che trarre ispirazione per ricreare buone pratiche educative e trovare il coraggio per aprire nuovi percorsi.
Soprattutto, l’esperienza dei tre giorni trascorsi insieme ha rappresentato un’occasione preziosa per costruire rapporti fra uomini e donne impegnati nel settore educativo in diverse parti del globo. La relazionalità, infatti, è emersa come elemento caratterizzante non solo la ricerca della verità ed il conoscerla, ma anche come metodo educativo.
Particolarmente efficace il saluto che papa Francesco ha rivolto alla quarantina di partecipanti, proponendo a sorpresa la figura di Enea come esempio per i progetti che stanno prendendo forma. Enea che abbandona Troia distrutta ed in fiamme con l’anziano padre in spalla ed il figlioletto Ascanio che tiene per mano. Da una parte le radici, la memoria, da cui proveniamo e che non possiamo dimenticare, dall’altra il futuro verso il quale guardare. Oggi, di fronte al fuoco distruttivo dei problemi che ci troviamo ad affrontare, come Enea di fronte a Troia in fiamme, siamo chiamati a continuare a camminare verso il futuro senza rinnegare il passato e, soprattutto, senza dimenticarlo.
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