Un patto contro il terrorismo

A Firenze è stato sottoscritto un accordo fra il sindaco Dario Nardella ed Izzedin Elzir, imam del capoluogo toscano e presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, che comporterà l'obbligo di recitare in italiano i sermoni nella moscha cittadina
Veduta di Firenze - Foto di sonofgroucho

Un patto contro il terrorismo sottoscritto a Firenze fra il sindaco Dario Nardella ed Izzedin Elzir, Imam del capoluogo toscano e presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia. È questo il senso di un accordo, stipulato fra l’istituzione cittadina e la comunità islamica, che comporterà l’obbligo di recitare in italiano i sermoni nella moschea, se necessario con l’impiego di traduttori per gli immigrati che non conoscono ancora la lingua.

 

“Si tratta di un patto significativo, il primo del suo genere in Italia – ha spiegato Nardella -, la tolleranza, la richiesta del mero rispetto delle leggi, non bastano. Con l'intesa, ribadiamo di sentirci cittadini a tutti gli effetti, in base al principio del condividere i valori della nostra Costituzione italiana”.

 

Per Izzedin Elzir, la firma rappresenta un “atto di responsabilità di fronte alla situazione che viviamo, dopo le tragedie di Parigi: non per dimostrare ai nostri concittadini che siamo buoni, ma perché crediamo veramente di essere cittadini di questo Paese. Vogliamo tranquillizzare i nostri concittadini – afferma – ed abbiamo esigenza di parlare italiano: qui c’è la nostra lingua, la nostra cultura, la nostra Carta”.

 

Il Patto propone altresì un coordinamento permanente tra la comunità islamica, i luoghi di culto musulmani e la città con “iniziative volte a promuovere la conoscenza della lingua e della cultura italiana e i principi del nostro ordinamento culturale, da realizzare anche nei centri culturali e nei luoghi di culto”.

 

Anche nei confronti delle donne la posizione dell'imam è netta. “Prima di morire, il profeta disse: ‘trattate bene la donna’. Dovremo ricordarcelo ogni volta che ci sono casi di maschilismo”, ha detto Elzir, lo scorso 12 febbraio nella “moschea” fiorentina di Borgo Allegri, il grosso garage che da dieci anni è punto di riferimento della comunità islamica cittadina, insieme al Centro internazionale studenti Giorgio La Pira.

 

In barba a chi pensa a invasioni culturali fondate sulla religione, Izzedin ha celebrato per l’occasione la preghiera quale «aspetto più importante dopo la fede» e citato peraltro la figura di Gesù, riconosciuto come figura profetica. Basta chiedere agli stessi fedeli, per capire quanto questa “rivoluzione” sconvolga solo chi non è abituato al dialogo e, forse, alle stesse pratiche del culto: i musulmani fiorentini ascoltano in silenzio le parole dell’imam, come sempre, non celando la soddisfazione di potere apparire meno lontani agli occhi dei cittadini di lingua italiana.

 

“Dobbiamo continuare sulla strada del confronto e della conoscenza”, predica l’Imam ad una folta comunità islamica che a Firenze chiede da anni la costruzione di una vera moschea, generando un dibattito politico spesso più attento a conti a breve termine con l’elettorato che ad una visione di integrazione rispetto ai più importanti aspetti della vita dell’uomo nel contesto in cui vive. In attesa di sviluppi, il 12 febbraio resterà nella storia come un passo di integrazione reale che da Firenze, città già amministrata mezzo secolo fa da un sindaco in prima linea per il dialogo interreligioso e la convivenza pacifica, che molti vorrebbero santo, Giorgio La Pira, sembra costituire un modello significativo per tutto il Vecchio continente.

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