A un passo dall’iride

Matteo Trentin e l’argento al Mondiale. «Non avevo le gambe. Questo è un nuovo punto di partenza»
John Walton/PA via AP

«Giornata orribile che anche a vincere sarebbe stata “orribile” lo stesso». Mondiali di ciclismo su strada, 29 settembre 2019, Leeds, Inghilterra. L’organizzazione decide, a pochi minuti dal via, di accorciare il percorso: 261,8 km invece dei 284,5 previsti. Piove e fa un freddo cane in tutto lo Yorkshire. Le strade in alcuni tratti sono delle vere e proprie piscine.

Matteo Trentin, 30 anni, da Borgo Valsugana (Tn) è il capitano della Nazionale. La gamba c’è e si vede. A 33 km dall’arrivo scatta uno dei favoriti della vigilia, l’olandese Mathieu Van Der Poel. Matteo, a ruota, rilancia l’azione fino ad agganciare la testa della corsa dove ritrova l’azzurro Gianni Moscon, trentino pure lui, da Livo, Val di Non. Assieme ai nostri ci sono anche lo svizzero Stefan Kung e il danese Mads Pedersen in avanscoperta già da 35 km. A 12 dal traguardo Van Der Poel alza bandiera bianca. Moscon fa il gregario di lusso per Trentin che sembra mettere in difficoltà gli avversari sull’ultima asperità di giornata. All’ultimo chilometro sono in tre: Kung, Pedersen e Trentin. Il primo è un discreto passista dalle lunghe leve, Pedersen, 23 anni, è un giovane di talento. Il nostro Matteo, invece, è il corridore che più ha dosato le energie e in volata sa mettersi alle spalle anche i velocisti.

Partito tra i favoriti, da favorito all’arrivo. A 200 metri dall’iride, però, quella gamba che prometteva bene diventa dura, legnosa, come si dice in gergo: impastata. Ad Harrogate, Pedersen lascia l’Italia ciclistica di stucco e porta alla sua Danimarca per la prima volta il Mondiale. Il nostro Trentin sale sul podio per ricevere l’argento: è una sfinge. A caldo subito dopo l’arrivo dichiara che «gli girano parecchio». E come dargli torto. Responsabilità da leader, corsa da capitano, la vittoria che sfugge beffarda. «Pedersen è stato semplicemente il più bravo, poco da aggiungere», precisa

Matteo, mentre è in ritiro per preparare la stagione 2020. «Quando è così, le sconfitte diventano più belle. Se il risultato svanisce per un tuo errore, per semplice sfortuna, allora la sfumatura è nera. Di sicuro c’è da imparare in ogni caso perché parliamo di una dimensione che è parte della vita di ognuno di noi. Non è bello perdere, così come non è bello non riuscire ad ottenere ciò che volevi. Non sempre il positivo arriva perché l’hai cercato, desiderato e ti sei impegnato al massimo ogni giorno. La sconfitta è tra le cose che capitano più spesso nello sport e nella vita. Quando gioco con mio figlio Giovanni, a volte lo lascio vincere, altre volte faccio in modo che perda. Allora gli dico: “Il papà ha fatto 80 gare lo scorso anno e ne ha vinte 6”. Non è ancora del tutto convinto del mio ragionamento: posso dirvi che insegnare la sconfitta ai bambini è tra le cose più difficili per un adulto».

E il Mondiale? «Oggi, al 70% sono in pace con me stesso, il restante 30% è fatto di sensazioni umane che vanno assimilate con il tempo… Di sicuro la notte dormo benissimo. Ho riguardato la gara e la volata, ho fatto un esame di coscienza. Sulla bici non avevo una risposta da dare alla volata di Pedersen. Il Mondiale è un nuovo punto di partenza. Ci sono altre gare, altre stagioni da affrontare. Cambiare gradino sul podio di una grande classica è l’obiettivo di questo 2020».

I successi di Matteo Trentin

Ha conquistato numerosi successi internazionali, il Campionato italiano juniores di ciclocross nel 2007 e il Campionato italiano su strada under 23 nel 2011. Nello stesso anno passa professionista con la formazione belga Quickstep. In carriera ha ottenuto 25 successi tra cui: 4 tappe alla Vuelta di Spagna, 3 al Tour de France, una al Giro d’Italia e il Campionato europeo nel 2018. Nel 2013  si è laureato in Scienze motorie all’Università di Verona con una tesi sull’uso dei misuratori di potenza nel moderno allenamento del ciclismo su strada. Due figli, Giovanni e Jacopo, avuti dalla compagna Claudia Morandini, già sciatrice della nazionale tra il 1998 e il 2008.

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