Un passo avanti
Il commento del prof. Joseph Sievers, docente di Storia e letteratura ebraica al Pontificio istituto biblico di Roma, sull'incontro del papa in sinagoga.
Possiamo dire riuscita la visita del papa in sinagoga?
«È stato un passo avanti. Al successo della visita ha contribuito il fatto che è avvenuta affrontando le questioni aperte in modo franco. È stato un dialogo autentico, con delle sottolineature importanti. Innanzitutto l’idea che l’alleanza con Mosè non è mai stata revocata, è rimasta quella di sempre con il popolo ebraico, “il popolo dell’Alleanza”, e non è, per così dire, stata trasferita ai cristiani. Il papa ha, inoltre, evidenziato la novità del Vaticano II e l’importanza della Nostra Aetate».
Ebrei e cristiani sono “condannati” a essere fratelli?
«Ciò che unisce ebrei e cristiani è qualcosa di più profondo di un semplice dialogo. Il rabbino Di Segni, alla luce dei racconti biblici, ha sottolineato come i rapporti tra fratelli sono problematici, ma che possono arrivare ad una riconciliazione, come avviene tra Giuseppe e i suoi fratelli. Tra ebrei e cristiani esiste un rapporto molto ravvicinato, ma asimmetrico in molte dimensioni. Ed è proprio in questa asimmetria che possiamo riconoscere una fratellanza».
Quali passi nel dialogo si possono fare insieme?
«Occorrono vari tipi di dialogo. Certamente quello istituzionale e ufficiale tra Santa Sede e Rabbinato è importante per dare un segnale che il dialogo va avanti. Sono necessari anche rapporti di amicizia frequenti e cordiali nel rispetto dell’altro e delle diverse posizioni. È il dialogo della vita che si nutre di occasioni quotidiane: gli scambi di auguri nelle feste, condividere gioie e dolori gli uni degli altri. Altro tipo di dialogo riguarda il lavorare assieme su temi comuni: la difesa dell’ambiente, del valore della persona e della famiglia. C’è, infine, un dialogo tra studiosi che lavorano assieme per dare spazio all’altro nella propria concezione del mondo».
Su Pio XII come mai ancora tanta incomprensione? È l’unica questione su cui si focalizza la stampa?
«La ferita della Shoah è così profonda che, a volte, dai cattolici non è colta. Le polemiche su Pio XII sono senz’altro esagerate e anche, in parte, pilotate dai servizi segreti comunisti dopo la guerra per diffamare la Chiesa cattolica. Le reazioni della Chiesa, d’altra parte, sono state apologetiche. Penso sia necessario aspettare una stagione più pacata. Un giudizio conclusivo, anche se non da tutti condiviso, avverrà solo sulla base di studi approfonditi dei documenti storici che sono milioni e una sola persona non potrà mai conoscerli tutti».