Un parco contro la mafia
Una proposta concreta per rispondere alla presenza mafiosa anche nel nord Italia
Le recenti operazioni di polizia condotte in Lombardia contro clan mafiosi di origine calabrese hanno reso noto al grande pubblico una realtà nascosta ma ben conosciuta da tempo: esistono alcuni segmenti dell’economia, molto forti e consolidati, che sono stati capillarmente occupati da famiglie e clan della ’ndrangheta anche nel Nord d’Italia. In particolare, uno degli ambiti di interesse delle attività illecite nel milanese sembra essere il “territorio”: risorsa utilizzata per spericolate operazioni edilizie e per lo smaltimento abusivo di rifiuti tossici o a forte impatto ambientale.
In risposta ad una situazione che rischia di degenerare compromettendo profondamente l’ampia regione a nord di Milano e della Brianza centro-occidentale, alcuni docenti universitari milanesi con il sostegno di associazioni della società civile hanno in questi giorni avanzato una proposta concreta, e fatto un appello alla politica e ai cittadini perché la sostenga con forza.
Il territorio in questione è stato oggetto negli ultimi decenni di un’urbanizzazione sempre più intensa: oggi siamo al 65 per cento del totale. Questo significa che è ormai un territorio “tutto pieno”, senza più aree di campagna e di natura e sempre più esposto ad attività criminose. Inoltre, nei pochi spazi aperti rimasti, si aggiunge la presenza sempre più frequente di recinti impenetrabili, di terre scarificate, di depositi a cielo aperto, di discariche abusive e di aree di lavorazione.
Negli ultimi anni, la ’ndrangheta ha avuto un ruolo non marginale nell’attività di nuova edificazione, nel condizionare le scelte urbanistiche, nel promuovere un esplosivo consumo del suolo ed anche nel degrado dei pochi spazi aperti residui.
Per questo è importante creare un nuovo parco regionale contro il cemento e contro le mafie – che metta insieme brandelli di territorio che altrimenti verrebbe eroso – per una migliore vivibilità del territorio urbanizzato, per sviluppare una nuova agricoltura urbana e per favorire le connessioni ecologiche tra i sistemi ambientali lombardi.
La costituzione di un nuovo parco regionale in questi spazi risponde allora alla necessità di:
1. salvaguardare un territorio che rischia il completo degrado restituendo ai cittadini un contesto vivibile mediante un mix equilibrato di verde fruibile, di percorsi pedonali e ciclabili, di agricoltura sostenibile;
2. riconvertire e rafforzare le attività agricole rimaste valorizzando la produzione a km zero, le possibilità di conversione delle imprese verso la multifunzionalità, nonché la possibile funzione educativa e sociale;
3. frenare i molteplici processi di infiltrazione mafiosa e della criminalità organizzata che punta a riciclare denari nel settore delle terre e dell’edilizia.
L’iniziativa configura un modo positivo di rispondere al fenomeno mafioso, che si affianca all’opera di magistratura e polizia e sostiene istanze di legalità sul territorio nazionale, e al contempo, con qualche analogia con l’azione di Libera sulle terre e i beni confiscati ai mafiosi, propone una via concreta: lavorare sui “beni pubblici”, come il paesaggio, il territorio, le terre coltivabili, che quando sottratte al controllo illegale delle mafie, sono una ricchezza fondamentale per la qualità della vita e il benessere di tutti i cittadini.
Il parco diventa così elemento di sostegno ad una politica più generale di rispetto della legalità e un simbolo di opposizione a questo sistema criminoso che, in più, soffoca e priva di valori paesaggistici i centri della Brianza.
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