Un papa comunista o evangelico?

Incontrando i movimenti popolari di tutto il mondo (per l’Italia i rappresentanti del centro Leoncavallo di Milano) il pontefice è tornato sul tema del rapporto tra vangelo e poveri ed ha detto che “stare al fianco dei poveri è vangelo e non comunismo”. Un commento
san pietro vaticano

Ancora una volta una sorpresa di papa Francesco. Incontrando i movimenti popolari di tutto il mondo (per l’Italia il centro Leoncavallo di Milano) il pontefice è tornato sul tema del rapporto tra vangelo e poveri ed ha detto che “stare al fianco dei poveri è vangelo e non comunismo”.

Ricordiamo le critiche di alcuni teologi americani che hanno definito le posizioni di papa Francesco filocomuniste. Singolare critica che utilizza una ideologia sconfitta dalla storia venticinque anni fa, che oggi viene riproposta per criticare la lettura dei segni dei tempi da parte del papa, ritenuta troppo severa nei confronti del sistema economico e finanziario dominante.

Il pontefice valuta questi movimenti come il segno profetico che “i poveri non solo subiscono l’ingiustizia, ma lottano contro di essa”. I poveri in piedi, i poveri che, in prima persona, diventano protagonisti della storia, della loro storia, di tutta la storia.

La riflessione del papa è molto originale. Il suo sguardo non va a coloro “che aspettano a braccia conserte l’aiuto delle ong, piani assistenziali che non arrivano mai o che se arrivano lo fanno in modo tale da andare nella direzione di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso”. Si utilizzano i poveri per governare il mondo. Essi stanno dentro quell’umanitarismo compassionevole che li usa per celebrare il suo potere.

I poveri non sono i figli di una dottrina o di una pratica sociale, che li usa e li strumentalizza. Non sono i principi fondanti di una ideologia, di una dottrina sociale, di principi razionali che definiscono i luoghi e i tempi e le modalità del loro agire, la costruzione delle loro organizzazioni.

Quante volte le persone povere sono state utilizzate per fare progetti, per costruire processi di cui essi stessi diventano oggetto… Soggetti politici e sociali, che alimentano le ambizioni dei potenti.

La novità del tempo di oggi e di domani sta, secondo papa Francesco, nel fatto “che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste tra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato o quantomeno ha molta voglia di dimenticare”.

Sicuramente il papa ha davanti ai suoi occhi la comunità di malati, poveri, storpi, ciechi, che cerca Gesù per avere forza, stare in piedi, imparare i gesti e le parole di una solidarietà creativa, che mette i poveri al centro.

Il papa – ispirato da quella visione – può dire che il futuro sta in questo nuovo protagonismo dei poveri, che sono chiamati a fare la storia, prima che l’impero del denaro possa travolgere il mondo con la guerra e con lo sfruttamento.

Il pontefice apprezza questi movimenti perchè danno voce ai poveri, ne raccontano il patire e la lotta per cambiare: hanno i piedi nel fango e le mani nella carne. Ecco il nuovo metodo di fare politica. Nel fango e nella carne, a indicare questa incarnazione nei poveri e nella loro ricerca per avere giustizia, lavoro, diritti. Ma il papa diffida delle strategie di contenimento, che "unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che dietro a presunte opere altruistiche si riduce l’altro alla passività, lo si nega o, peggio ancora, si nascondono affari e ambizioni personali”. Questo avviene quando il povero è cancellato come persona e diventa una categoria sociale, da usare ciascuno al proprio modo.

A questo punto risponde all'accusa di essere comunista: "È strano, ma se parlo di questo per alcuni il papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri”.

Il papa va oltre la dottrina sociale, che ha il limite di essere una dottrina, principi razionali che molti possono condividere, un sistema sociale definito e concorrente con altri sistemi sociali… Egli sceglie il primato del vangelo e i poveri, quelli reali, non descritti sui libri, ma che vivono nelle periferie del mondo, la dove il denaro, la violenza e la guerra spazzano via tutto.

Severa è la critica del papa alla retorica delle parole che imprigionano i poveri. Le formule della retorica, gli eufemismi che tendono a sbiadire e a cancellare i problemi. Il papa esamina la definizione “persone senza fissa dimora”. Definizione che tocca i provati, ma anche i grandi manager, che vanno da un aeroporto all’altro e dunque non hanno dimora fissa. Parole ambigue e, dice il papa: "in generale dietro un eufemismo c’è un delitto”.

Egli tocca i temi della terra, della casa e del lavoro, della fame e della guerra, delle città, che hanno distrutto il senso delle famiglie e delle comunità e alimentano la cultura dello scarto. Il testo rabbinico sulla torre di babele è una perfetta sintesi di tutto questo: se cadeva dalla torre un mattone era una tragedia nazionale, se cadeva un operaio non succedeva nulla. Commenta il papa “questo accade quando la persona è al servizio del dio denaro”.

Alla voce dei movimenti popolari, dei riciclatori, di venditori ambulanti, sarti, artigiani pescatori, contadini, minatori, operai di imprese, membri di cooperative, si unisce la voce del papa e in questo elenco cosi indifferenziato vediamo i volti dei poveri, la loro unicità e il loro mistero.

Questo movimento di poveri si fa carico dell’ambiente, della salvaguardia del creato, della pace e il papa ne indica le caratteristiche, come dire spirituali: "con coraggio e con intelligenza. Con tenacia, ma senza fanatismo, con passione ma senza violenza. E tutti insieme affrontando i conflitti, senza rimanervi intrappolati, cercando sempre di risolvere le tensioni per raggiungere un livello superiore di unità, di pace e di giustizia” .Il papa indica un metodo prima che una dottrina, un rinnovamento spirituale ,prima che un programma.

Ecco il nuovo camminare insieme dei cristiani nella storia, avendo come riferimento e alimento le beatitudini e il giudizio universale. Dunque i poveri e il vangelo: le due lampade che illuminano la notte del mondo, per costruire il tempo nuovo, oltre le dottrine, ma nell'invenzione di una nuova politica, che non ha paura di mettere le mani nel fango e nella carne.

Non è un programma politico, ma l’appello ad un nuovo protagonismo dei poveri e del vangelo dentro la durezza e le contraddizioni della storia, che diffonda la speranza che non delude. Papa Francesco legge nei segni dei tempi, nel vangelo e nei poveri l’agire di Dio, che anticipa e indica il regno, che viene e viene presto.

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