Per un Paese a misura di famiglia

Per favorire il turismo delle famiglie, senza attendere l’intervento del legislatore basterebbero piccoli accorgimenti... una mini guida per chi vuole dare una mano

Le ferie sono un momento atteso e necessario, fondamentale per ricaricarsi. Considerato però che per le famiglie possono diventare difficili da affrontare, per ragioni sia economiche che logistiche – muoversi con bambini, specie se più d’uno, non è solo costoso, ma è anche impegnativo dal punto di vista pratico –, anche un “vezzo” come le vacanze può diventare cartina al tornasole di quanto un Paese sia “a misura di famiglia”.

Non si può infatti non avere la sensazione di una certa “gerontocrazia” imperante in Italia nell’osservare che in musei e affini (ma anche mezzi pubblici) sono sempre presenti scontistiche per gli over 65, ma assai più raramente si vedono pacchetti famiglia – molto comuni invece nei Paesi a noi confinanti – che consentono l’ingresso a genitori e figli minori ad un prezzo forfettario.

O ancora, a come sia difficile trovare stanze da più di quattro persone (costringendo quindi chi ha più di due figli a prendere due camere, facendo lievitare la spesa), o come non sempre sia possibile far aggiungere una culla nella stanza.

Oppure a come sia proibitivo in molte città muoversi con i mezzi pubblici se si ha un bimbo in carrozzina (argomento, in realtà, che vale anche per i disabili di qualsiasi età); o della presenza ancora insufficiente di fasciatoi e servizi per bambini in ristoranti, stazioni e aeroporti (personalmente ricordo che in una delle principali stazioni italiane ho dovuto girare a lungo prima di trovare qualcuno che avesse le chiavi della stanza fasciatoio, tenuta chiusa “per ragioni di sicurezza”, solo per trovarla comunque inservibile dato il pessimo stato in cui versava sia in termini di pulizia che di arredi).

Certo le esperienze positive ci sono anche in Italia e vanno riconosciute e valorizzate, ma sembrano essere (pur meritorie) iniziative singole e slegate, slanci di buona volontà più che un approccio sistematico e diffuso; con il risultato che personalmente, abitando vicino a ben tre confini, viaggio più volentieri là dove so – giusto per fare alcuni esempi di esperienze che ho realmente vissuto – di trovare un’area dedicata ai bambini con bagni a misura, fasciatoi, giochi e sala pappe in stazioni, aeroporti e musei (sia pubblici che privati); autobus e treni che posso avere ragionevole certezza essere attrezzati per far salire in sicurezza un passeggino (così evito anche di muovere l’auto); alberghi in cui so di non dover elemosinare una culla, o rassegnarmi a far dormire il bambino nel lettone (cosa peraltro pericolosa per il piccolo); ristoranti in cui, senza che nemmeno lo debba chiedere, portano un seggiolone per la bimba più piccola e intrattenimenti vari per quella più grande mentre attendiamo di essere serviti; tariffe di musei e mezzi pubblici che considerino il nucleo familiare e non i singoli componenti.

Piccole cose, certo, rispetto a quelle che sono le politiche familiari di cui l’Italia avrebbe bisogno; ma che avrebbero comunque l’effetto di dare una mano sia alle famiglie che al turismo senza attendere necessariamente l’intervento del legislatore, dato che almeno alcune di queste misure sono da esso indipendenti.

E non dimentichiamo, infine, che non è questione di “benaltrismo” (ossia del dire che sono ben altre le politiche familiari di cui c’è necessità, cosa in sé e per sé vera, ma non esaustiva): perché è inutile nascondere che uno dei timori con cui i giovani spesso si confrontano nell’avere figli è quello di ritrovarsi “prigionieri” della prole senza più alcuna possibilità di un momento di svago in famiglia, e che uno dei fattori di pressione psicologica per chi figli già ce li ha è appunto il fatto di non potersi prendere questi momenti. Certo commisurati a quella che è l’età dei bambini e alle possibilità economiche della famiglia, ma sono comunque preziosi.

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