Un nuovo san Francesco?

Non sembra un capolavoro, ma il film "Il sogno di Francesco",interpretato da Elio Germano è di stretta marca francese, laico e di ricerca e perciò da non perdere. Interessante il racconto del rapporto scontro con frate Elia e la nascita del movimento francescano 
Francesco Ansa

Uscirà il 6  Il sogno di Francesco, film diretto da Renaud Fely ed Arnaud Louvet, due registi francesi che tentano un approccio diverso alla figura del Poverello d’Assisi.

 

Francesco è sempre stato un personaggio popolare – oggi ancor più, per via di un papa che porta i l suo nome – ed il cinema si è interessato spesso di lui. Da Rossellini a Pasolini, da Zeffirelli alla Cavani, alle fiction su di lui e su santa Chiara, le imprese narrative che lo riguardano sono parecchie. E naturalmente non accennano a finire.

 

Perché Francesco è una figura poliedrica che finisce per appartenere un po’ a tutti: ai rivoluzionari e ai pacifisti, agli ecologisti e ai poeti, ai mistici e ai sognatori, gente che crede e che non crede, cristiana o meno.  Ad universalizzare la sua figura ha contribuito anche l’arte: il ciclo di affreschi di Giotto Cimabue e tanti altri ad Assisi, le innumerevoli raffigurazioni durante i secoli nell’arte occidentale, i testi agiografici e quelli di studiosi seri come Chiara Frugoni e Franco Cardini, la devozione popolare e i tre ordini religiosi nati dal suo carisma, insieme ad una infinità- verrebbe da dire – di altre aggregazioni che si riconoscono nel suo messaggio.

Naturale dunque la diversità di approcci anche nel mondo della rappresentazione filmica.

Dimenticare questa volta il Francesco pazzerello e candido di Rossellini, le tre “visioni” della Cavani, la poesia di Zeffirelli, per citare  i nomi più grossi ed anche il Totò lunare del pasoliniano Uccellacci e uccellini.

L’approccio dei due registi francesi è decisamente laico. Francesco non è un uomo innamorato di Cristo, ma della volontà rivoluzionaria e mite al tempo stesso della libertà, della povertà, dell’amore incondizionato verso tutti in modo da diffondere l’utopia della fraternità. La prima sequenza lo mostra a giocare con gli uccellini e subito dopo tuttavia lo scontro con la realtà che è l’amicizia contrastata con frate Elia.

 

Elia è il campione della fedeltà all’istituzione, ossia il papa che non accetta la prima regola severa e chiede di mitigarla per “salvare” l’Ordine, Francesco invece  non vuole esserne il capo né mitigare la regola. I registi proseguono più per ritratti di personaggi che per una narrazione conseguente, attraverso i quali far emergere la vita interna del movimento francescano.

Troviamo così le fugaci apparizioni di Chiara (una intensa Alba Rohrwacher), la figura di frate Domenico succube dei violenti, i l cardinale Ugolino (Olivier Gourmet) riflessivo e tenace e il Francesco interpretato da Elio Germano.

Il film si dipana più per accenni in singoli quadri che per lunghi svolgimenti, più per togliere che per accrescere di parole ed episodi, diventando un lavoro teso all’intimità dei personaggi, alle loro vicende anche interiori. Il rapporto Francesco-Elia ha risvolti drammatici, perché Elia tenterà i l suicidio, mentre Francesco si ritira fra i monti (e qui intelligentemente non si mostra l’episodio delle stimmate, su cui i registi inseriscono un dubbio: sarà un miracolo o no?). In definitiva, se Francesco è l’ideale, il sogno, Elia è la ragione, il buon senso. Entrambi sono soli con il loro destino.

Naturalmente, parecchio di ciò che viene narrato è romanzato, come onestamente hanno ammesso i registi, quindi non siamo di fronte ad un racconto “storico”, quanto ad una riflessione interiore attraverso la vita dei personaggi fondamentali del francescanesimo. Lo stile è volutamente sobrio, la fotografia autunnale privilegia toni delicati e sfumati, con ampio spazio dedicato alla natura e ai primi piani dei volti, la ricostruzione di ambienti e costumi è fedele e talora, per la corte papale, si richiama agli affreschi di Giotto.

È un film più di “interni” che di “esterni”, con tocchi poetici rapidi e forti come la morte del santo. Certamente, viene sottolineato il contrasto carisma-istituzione a favore del primo, ma siamo francesi e laici, e questo non può non esserci.

Resta l’interpretazione di Elio Germano il quale, a quanto ha rivelato, ha voluto immergersi in una esperienza  spirituale in India per prepararsi al film (ma non lo poteva fare ad Assisi?, chissà…). 

 

Il limite di Germano, grande attore, è di tendere ad andare sopra le righe, all’enfasi, qui però evitata. Il suo Francesco straccione, dolce ma anche duro,  capace di perdono e lieto nella malattia- c’è la dolorosa operazione agli occhi (vera) – è credibile, originale e molto personale. Intimo,si direbbe e profondamente solo pur in mezzo alla allegria dei primi compagni. Un tocco di verità che non guasta.

Il sogno di Francesco non è un capolavoro, a quanto pare. Ma è un film di ricerca, di stretta marca francese, eppure da non perdere. Ci sono tocchi di verità e di profondità psicologica nuovi, in particolare in certe figure come quella del cardinale Ugolino e nello stesso tormentato Elia (Jérémie Renier). Da rivedere.

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