Un nuovo dialogo

Qualche considerazione in margine all’intervista a mons. Teissier: un rapporto vivibile tra cristiani e musulmani
Islam

Ho letto la bella intervista a mons. Teissier. Aggiungo qualche mia considerazione. La società civile algerina durante gli anni della tormenta (1990-2000) ha combattuto la sua buona battaglia. Ha sconfitto l'islamismo radicale, dove Islam, violenza e potere erano diventati una sola parola. Ha salvato l'Islam spirituale, cioè un Islam capace di guardare il futuro e non il passato, di vivere il mistero di Dio compassionevole, senza la violenza della legge.

Nel 1990/91, probabilmente, i giovani votarono e nel 2012 no e dunque il partito islamista ha perduto consensi. Ma rimane il fatto che non hanno votato perché hanno una percezione diversa dell'Islam e del suo futuro. La democrazia non è più in conflitto con l'Islam. La Costituzione diventa una parola possibile. La partecipazione nelle piazze e nelle associazioni appare come un dovere civile dei giovani musulmani.

Questi sono giovani che sono nati all'inizio degli anni Novanta e sono cresciuti in una società musulmana che stava cambiando, e di cui le primavere arabe sono oggi la testimonianza concreta, pur nelle loro difficoltà e contraddizioni.
Bisogna dire che, negli anni della tormenta, la Chiesa algerina, la Chiesa del cardinale Duval, di mons.Teissier, di mons.Claverie, di frère Christian e di tutti i martiri ha rappresentato, nella sua mitezza e nella sua solidità, un appello alla Chiesa universale a vedere l'Islam con gli occhi di Dio.

Al tempo stesso, nella sua povertà e nella sua fedeltà al popolo musulmano dell'Algeria, questa Chiesa ha reso visibile il sacramento dell'incontro, là dove il perdono di Dio crea la vita comune tra cristiani e musulmani.
Le vittime della tormenta algerina, decine di migliaia di donne, uomini e giovani algerini, sono state come il seme delle primavere arabe. Il seme di una ricerca vigorosa dell'Islam spirituale, fuori da ogni cattura di violenza,di corruzione e di potere. Non è senza significato da questo punto di vista la scelta non violenta dei movimenti giovanili musulmani. L'esatto contrario di quello che avveniva negli anni Novanta.

Dunque ci sono fili profondi che uniscono la tragedia algerina della fine del secolo con le primavere arabe di oggi. Si può vivere in modo nuovo l'Islam e la democrazia, si può testimoniare il Vangelo come piccolo gregge nella società musulmana. Questa è la frontiera di un nuovo dialogo tra cristianesimo e Islam. E ho intravisto questo alla fine degli anni Novanta in Algeria.

Ma oggi tutto questo è ancora più visibile nelle strade di Tunisi, dove i giovani vogliono vivere la democrazia e l'Islam senza conflitti e senza domini. Davvero stanno nascendo cose nuove, anche se il parto ha il segno del dramma e del dolore. E a Tunisi ho visto anche una Chiesa capace di ascoltare e di amare, solidale con il suo popolo e con i suoi giovani.

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