Un mondo da riscoprire

Fino al 13 marzo 2016 al Palazzo della Gran Guardia in anteprima europea, la mostra che vede esposti 70 capolavori conservati al Kröller Müller Museum di Otterlo (Olanda).
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Che anni, quelli in cui l’Impressionismo trionfa e subito dopo il post-Impressionismo. Ossia, chiamiamolo pure anche Divisionismo, “Pointillisme”, grazie ad un uso del colore a piccoli tocchi, non macchie, ma punti luminosi di tinta paura. Cioè, la luce frazionata   in millesimi di secondo , in baluginanti attimi presenti.  Addio alle superfici  palpitanti di Monet e Pissarro e amici, alla natura abbagliante e densa. Qui invece è un brillio che pare accumulare colore su colore e diventare irradiazione nuova, che combina le scoperte dell’ottica  con i l senso della poesia, i l ritrovato misticismo e la modernità tra Italia – specie i pittori lombardi – Francia, Belgio e Olanda negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo e i primi anni del ventesimo. Una rivoluzione, grande e pacifica.

Perciò la mostra a Verona al Palazzo della Gran Guardia con le opere provenienti dalla collezione olandese  Kroller Muller di Otterlo – una sede difficilmente raggiungibile perché fuori dalle città e ciò rende la rassegna doppiamente unica e meritoria – è da non perdere.

Veniamo infatti guidati lungo un percorso di divisione del colore sulla tela dapprima studiato da Seurat, passando attraverso Signac e van Gogh per arrivare a Mondrian in una settantina tra tele e disegni.

Ed è singolare il fatto che,  passando  lungo le opere, si avverta come l’anima europea dell’epoca si vada sgranando in fibrillazioni, disgregando in punti lucenti, come varie voci che fuggono per poi ritrovarsi – viste da lontano  – .in un solo raggio. Si vede allora con occhi nuovi l’Autoritratto di van Gogh poche settimane prima della morte, abbozzato su cartoncino,  inquietante e segnato da tratti di luce colorata come fosse una icona del dolore. Oppure Il canale di Gravelines (1890) di Seurat, un pulviscolo luminoso che rende vele, barche, edifici come filtrate da una nebbia aurorale. Fascinoso. Ma Paul Siganc si spinge più oltre e nella Sala da pranzo (1887) è la figura umana ad apparire a noi filtrata come attraverso una lente non deformante ma vibrante: tale da parere quasi trasumanare i corpi del vecchio e della cameriera in ombre di luce. E’ una ricerca  inconsciamente metafisica?.

In van Gogh, nel Paesaggio con covoni del 1889 certamente, perchè la luna sembra un sole e l’aria pare impregnata in una agitazione cromatica cosmica. Gli olandesi variano da nature e nudi femminili a temi cristiani, come Johan Thorn Prikker nella Madonna dei tulipani, forme di colore bassissimo quasi invisibile e neutro per poi invece esplodere in iridi abbaglianti nel Sole a mezzogiorno del 1904. Qui siamo entrati nell’astrazione più pura, perchè tutto è un girotondo di tocchi  così vorticosi da dare l’idea di essere penetrati in un sole innaturale, cioè nel frangersi della luce in  scintile esplosive di colore.

Non si può che giungere a Mondrian, al sublime suo mondo di purezza di tinte e di linea. Una autentica sinfonia del suono, del colore che canta. Di fronte a tale bellezza si comprende come l’arte, tolta la figura umana grazie alla luce “divisa”, non potesse che ritrovare  la sua origine, ossia la luce assoluta.

Perciò la poesia di Mondrian è grande. Il fascino del colore talmente immacolato da sembrare sovrumano dà l’impressione a noi di vivere all’interno di esso, cioè nel mondo dove la luce è una e perciò si fa poi distinta. Vedere per credere la sinfonia della Composizione n. 11 del 1913 e si comprenderà dove era arrivata l’arte della vecchia Europa: nel cuore dell’Assoluto. Bellissimo.

 

 

Fino al 13  marzo. Catalogo 24Ore cultura

 

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