Un mondo arabo che cambia
Il voto sullo Stato palestinese si inserisce nel solco dei grandi mutamenti avvenuti nel Mediterraneo: l'opinione del presidente dell'Ucoii Izzedin Elzir
Che la questione palestinese non possa essere considerata in maniera isolata è assodato; ma mai come in questo momento storico, agitato dai cambiamenti portati dalla primavera araba, la partita che si gioca sul tavolo delle Nazioni Unite riguarda il modo di relazionarsi non solo di Israele ma della comunità internazionale nel suo insieme con il mondo arabo. Izzedin Elzir, palestinese, imam di Firenze e presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), ci offre il suo punto di vista sulla situazione.
Secondo alcuni analisti, questa mossa unilaterale da parte palestinese è l’ammissione dell’impossibilità di dialogare: condivide questa opinione?
«Certo il dialogo è purtroppo arrivato ad un punto morto, dopo decenni in cui, nonostante i palestinesi lo abbiano cercato, ogni giorno vedono altri morti e altri prigionieri. È una mossa più che altro politica: l’Anp è riconosciuta dal 1991, e diverse risoluzioni Onu hanno confermato il riconoscimento. Il significato di questo voto è dire al mondo “eccoci, noi ci siamo, mettiamo la palla nelle vostre mani”».
A questo proposito, sembrerebbe che i numeri ci siano nell’Assemblea generale, ma non in Consiglio di sicurezza: la Palestina gode del sostegno del mondo, ma non dei potenti?
«Di fatto solo gli Stati Uniti, tra le grandi potenze, hanno per ora espresso una posizione apertamente contraria. I potenti parlano la lingua dei loro interessi, e la pace è nell’interesse anche del popolo ebraico. Oggi, con il cambiamento che c’è nel mondo arabo, il potere sta passando nelle mani del popolo, non più dei dittatori: è la dimostrazione che la logica di potenza non funziona più. Per questo l’atteggiamento di Israele e della comunità internazionale deve cambiare non solo verso la Palestina, ma verso tutto il mondo arabo».
Rimangono però i timori soprattutto per la sicurezza: le divisioni interne tra Hamas e Fatah, si teme, pregiudicherebbero un reale controllo da parte dello Stato…
«Ringrazio Dio del fatto che la Palestina non abbia un partito unico: la pluralità di posizioni è una ricchezza. Certo i partiti si esprimono in maniera diversa quando sono alla maggioranza e quando sono all’opposizione. Detto questo, ritengo i timori siano infondati: anche a Gaza, di fatto, la sicurezza è garantita».
In quanto imam di Firenze e presidente dell’Ucoii ha modo di confrontarsi con la realtà dell’intero mondo arabo e islamico, di fatto chiamato in causa in questo voto: quali sono le possibili ripercussioni e le prospettive su quest’area del mondo?
«Come dicevo, il mondo arabo non è quello di sei mesi fa: ha lottato per la libertà e la dignità, e non può più accettare l’occupazione dei territori da parte israeliana. Per questo è a sostegno della Palestina, non contro Israele ma per la dignità del suo popolo. Nell’era globale, non sostenere questo processo sarebbe un grave sbaglio politico: e se noi europei non interverremo, la situazione di quell’area si complicherà ulteriormente. Preghiamo Dio perché possa guidare tutti verso l’unità della famiglia umana».