Un milione di persone in piazza contro il governo

Per la terza volta in otto mesi la gente è scesa in piazza a protestare. Ma questa volta un milione di persone ha voluto dire "no" ad alcune decisioni del presidente Cristina Fernàndez. Dal nostro corrispondente
Proteste contro il governo in Argentina
In Argentina ha registrato una grande partecipazione la terza manifestazione di protesta contro il governo, organizzata soprattutto attraverso i social network, che ha visto scendere nelle strade circa un milione di persone solo a Buenos Aires nella serata dello scorso 18 aprile.

 

L'iniziativa è sorta spontaneamente, senza un coordinamento ufficiale, e la convocazione è avvenuta attraverso Internet. La gente protesta contro la corruzione, l'inflazione che non cala al di sotto del 20 per cento, le voci di una possibile rielezione di Cristina Fernàndez de Kirchner (per la quale sarebbe necessario modificare la Costituzione), contro la delinquenza e, in questo caso, contro la riforma della giustizia che il governo sta convertendo in legge in tempi record ed è percepita come un tentativo di controllare questo potere dello Stato.

 

La prima manifestazione avvenne il 13 settembre dello scorso anno. Circa 50 mila persone scesero in piazza spontaneamente, con la ormai classica modalitl del "cacerolazo" (far rumore percuotendo pentole). Lo scorso 8 novembre una nuova manifestazione vide la partecipazione di più di 250 mila persone a Buenos Aires e anche nelle principali città argentine. Giovedì­ scorso le stime della polizia della capitale argentina e del ministero di giustizia parlavano di circa un milione di persone concentrate in vari punti della città, da Plaza de Mayo all'Obelisco (considerato il centro della città) e attorno al Parlamento.

 

Per la prima volta hanno fatto la loro apparizione, ma a titolo personale, i pricipali leaders dell'opposizione. Durante la protesta non sono previsti discorsi; dopo essersi raccolte in alcuni degli incroci più importanti di Buenos Aires, le persone, spesso intere famiglie, sfilano per le principali strade cittadine, spesso cantando l'inno nazionale.

 

I cartelli e gli slogan questa volta hanno fatto riferimento a due temi principali: la riforma della giustizia e la corruzione. Ha suscitato scalpore il dossier presentato da un noto giornalista, Jorge Lanata, che ha raccolto dati e le ammissioni di due consulenti finanziari che hanno svelato uno schema di lavaggio di denaro che, basandosi su un impreditore che faceva da prestanome, risalirebbe fino allo scomparso ex presidente Néstor Kirchner. I due testimoni hanno successivamente ritrattato, ma il giornalista ha offerto nuovi documenti in suo possesso. Dopo le rivelazioni giornalistiche sono scattate le prime perquisizioni.

 

L'altro tema sul tappeto è la riforma della giustizia promossa dagli esponenti dello stesso potere esecutivo. Sostanzialmente, si tratta dell'ampliamento del Consiglio della Magistratura dagli attuali 13 a 19 membri. Nel 2005 la stessa Cristina, come senatrice, promosse la riduzione dei membri dell'organismo in quel momento formato da 20 consiglieri. La riforma prevede inoltre l'elezione col voto popolare dei consiglieri scelti tra avvocati, magistrati ed accademici del diritto (12). I candidati dovranno far parte delle liste dei differenti partiti e saranno eletti in occasione delle primarie.

 

Un'altra modifica importante è il giudizio per la rimozione dei magistrati, che il progetto prevede sia attivato per maggioranza semplice e non dei due terzi. Altro punto centrale della riforma è la riduzione delle misure cautelari emesse dai giudici per proteggere gli interessi dei privati nei confronti dello Stato. È difficile non vedere nell'iniziativa del governo, i cui punti principali hanno già passato l'esame del Senato, ad appena dieci giorni di distanza dal suo annuncio, un tentativo per controllare la giustizia. Tutta l'opposizione si oppone alla riforma ed anche le organizzazioni di categoria hanno manifestato il loro dissenso in merito.

 

L'offensiva politica è stata intrapresa in un momento in cui vari catastrofi hanno messo in luce una catena di corruzione. La tragedia della stazione di Once, con 51 morti, la recente inondazione che ha provocato una sessantina di vittime, sono solo gli ultimi eventi che hanno messo in evidenza l'uso spegiudicato dei fondi pubblici che alimentano clientelismo lasciando nell'abbandono e nel caos i servizi e i trasporti pubblici.

 

Mentre l'economia non da segni di ripresa, con una inflazione che oggi sfiora il 25 per cento, il governo si difende negando la realtà ed opponendo iniziative per controllare l'aumento dei prezzi, ma con scarsi risultati.

Forse il principale problema è l'ostinazione con la quale il governo non intende dialogare né mettere in discussione la sua gestione.

 

Le proteste come quella del 18 aprile non hanno necessariamente una matrice politica di segno opposto alla maggioranza di governo. Ma esprimono stanchezza nei confronti di una polarizzazione esasperante, stimolata dall'Esecutivo, di cui approfittano anche gli interessi corporativi che, indubbiamente, esistono e fanno lobby a loro favore. La maggioranza di governo in genere minimizza e attribuisce allo scontento della classe media le proteste. Ma è un atteggiamento pericoloso, quello di Cristina, che rischia di non tener conto del punto di vista dell'altra metà del Paese. Inoltre, continuando a negare gli errori, si rischia di compromettere anche quanto di buono è stato realizzato in questi anni. Che non è poco.

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