Un messaggio per me
Mi siedo alla scrivania, accendo la lampadina ed il computer. Ho una gran voglia di scrivere. Guardo la parete, penso, ma apparentemente mi sono sfuggiti tutti i pensieri dalla mente. Lo schermo irradia una luce minacciosa.Mi sento ipnotizzata dal vuoto bianco che si è spalancato davanti agli occhi. Quanto più lo guardo, tanto più ne sono turbata. Basta… spengo il computer, prendo un foglio di carta ed una penna. Mi piace sentire il fruscio cartaceo. Afferro la penna e la stringo nella mano come se fosse un’arma. Passano i minuti ed io sono ancora lì, con il mio foglio bianco e la penna tra le dita. Comincio a scrivere. Riempio lo spazio candido con un serpente di frasi complesse, strutture incoerenti che traboccano di parole raffinate, allitte- razioni, ossimori, pensieri esoterici, vaghi sentimenti, formando una specie di chimera orrenda, pronta ad avventarsi contro ognuno che si azzardi a leggere il testo. Niente panico, devo rilassarmi ed aggrapparmi a qualche idea concreta, qualche ricordo, ecco, ce l’ho: mi vedo fra i sedili rossi del treno, avvolta dalla melodia composta di sequenze monotone e languide. Vicino a me siede una signora molto magra e molto piccola che, già da un pezzo, sta leggendo un libro il cui titolo non è possibile vedere, perché manca la copertina. Sarà una storia attraente, altrimenti la signora non porterebbe dietro un libro così pesante.Mi pare d’aver notato un sorriso incerto, che per un attimo le si è posato sulle labbra, ma è morto subito. C’è chi sostiene che un sorriso che sparisce così all’improvviso, senza nemmeno lasciare una traccia di felicità sul viso o negli occhi, non è sincero. Si può avere un sorriso falso leggendo una storia? Per ingannare sé stessi? No, sicuramente no. Sento lo squillo dei freni. Ci fermiamo alla stazione Brwinòw. Qualcuno si alza e si dirige verso la porta spalancata. Con un mucchio di sacchetti in entrambe le mani scompare nel buio della notte. Sento il grido ODJAZD!(1), e la porta si chiude. Il treno comincia a muoversi con fatica, lentamente, come un animale pigro, un orsone sonnolento. Guardo il finestrino, ma non vedo niente tranne qualche luce debole di una casetta lontana e la mia faccia rispecchiata nel vetro… devo sempre avere quest’aria stanca?. Sotto il finestrino trovo una piccola pattumiera grigia, attaccata alla parete. Dentro c’è un foglio di carta strappato in tanti pezzi. La guardo con discrezione cercando di decifrare almeno una frase, qualche parola. È ridicolo, lo so, ma ogni volta che vedo un foglio smarrito per strada o buttato via, lo leggo. M’illudo che sia qualche messaggio segreto, un’indicazione di grandissima importanza lasciata da qualcuno appositamente perché io la legga. M’avvicino ancora al finestrino, fingendo di guardare con interesse il paesaggio notturno e intanto abbasso lentamente gli occhi per poter scrutare il foglio strappato. Non riesco a distinguere bene le parole, un attimo, ora ne leggo una: VITA. Ma come interpretare questo messaggio? Può significare tutto e niente. Ecco, sono arrivata, vedo la mia stazione avvicinarsi. Mi metto la giacca, mi alzo e mi dirigo verso la porta spalancata. Esco nel buio della notte. Mi salutano i fanali amichevoli della città. 1) Parola polacca che significa partenza.