Un marziano dall’aspetto umano
Tutti aspettavano il giamaicano Usain Bolt. Invece, è il suo connazionale Yohan Blake il nuovo re dei 100 metri. Almeno per un giorno
La gara regina – «Quando si corre la finale dei 100 metri maschili?». Prima di un grande appuntamento, europei, mondiali o olimpiadi che siano, appassionati di atletica leggera e non si pongono sempre lo stesso quesito. Questa prova, infatti, continua a conservare nell’immaginario collettivo un fascino del tutto particolare.
Apparentemente semplici, frutto di un’azione “naturale”, i 100 metri sono in realtà assai più complessi di quello che possa sembrare a prima vista. C’è la partenza, il momento in cui, da una posizione di assoluta immobilità, l’atleta deve sviluppare tutta la sua forza esplosiva. C’è poi l’accelerazione, dove gradualmente, da una postura raccolta, lo sprinter raddrizza il tronco aumentando frequenza ed ampiezza dei passi. Infine c’è l’allungo, una fase caratterizzata da una fluidità d’azione tesa a mantenere sino al traguardo la massima velocità raggiunta.
La caduta del fenomeno – Nella storia di questa specialità gli Stati Uniti l’hanno sempre fatta da padrona. Sì, a volte è capitato che qualche carneade di turno sia riuscito a battere i velocisti statunitensi, ma normalmente sono sempre stati gli atleti a stelle e strisce i grandi protagonisti di questa gara (in alcuni casi con campioni leggendari come Jesse Owens o Carl Lewis). Ora invece, se parliamo dei 100 metri, il pensiero va subito a lui, il fenomeno, l’uomo copertina che l’atletica aspettava da anni: Usain Bolt. Un campionissimo, la cui “gloria sportiva” è stata accresciuta anche dal fatto di essere stato capace di migliorare i primati del mondo proprio negli appuntamenti più importanti a cui ha preso parte (Olimpiadi di Pechino 2008 e Mondiali di Berlino 2009).
Domenica, durante la finale dei mondiali in corso di svolgimento a Daegu, Bolt era ovviamente l’atleta più atteso, ed erano davvero in pochi quelli che mettevano in preventivo la possibilità di una sua sconfitta. Certo, il bello dello sport è che non si può mai dare per scontato alcun risultato, ma francamente sembrava davvero difficile che qualcuno riuscisse a fermare il “fulmine” giamaicano. Invece è accaduto l’impensabile, ed è stato proprio Bolt … a battere Bolt. Usain, anticipando in modo plateale l’uscita dai blocchi, è stato squalificato, complice l’assurda regola che da qualche anno prevede l’estromissione dalla gara già alla prima falsa partenza. Così a sorridere è stato il suo compagno di allenamenti, Yohan Blake, che quasi incredulo si è ritrovato campione del mondo al termine di una finale in cui l’atleta caraibico ha preceduto lo statunitense Walter Dix ed il trentacinquenne rappresentante di St. Kitts & Nevis Kim Collins, già campione del mondo nel 2003.
Un ragazzo “normale” – Bolt, arrivato a Daegu per provare ad entrare nella leggenda di questo sport, avrà adesso altre occasioni per rifarsi. Nel prossimo fine settimana, infatti, sarà impegnato prima nei 200 metri e poi nella staffetta 4×100, e ci sono buone possibilità di vederlo tornare a dare spettacolo. Perché Usain in pista è un grande campione, ma la cosa che più stupisce di questo ragazzo, a differenza di tanti suoi colleghi, è anche l’apparente tranquillità che contraddistingue le fasi precedenti l’inizio delle sue gare: sui blocchi ride, scherza con la telecamera, saluta i suoi avversari, fa finta di radersi, chiede l’incitamento del pubblico. Poi, improvvisamente, batte la mano sul cuore, si fa il segno della croce, si concentra ed in pochi secondi mette i panni di superman trasformandosi in un vero e proprio “marziano”.
Quando poi esce dalla pista di atletica, Usain conduce una vita assolutamente “terrestre”. Prima di una finale importante, ad esempio, ama andare a mangiare i chicken nuggets (crocchette di pollo fritto) di una catena di ristorazione famosa in tutto il mondo (non proprio il pasto consigliato da nutrizionisti e fisiologi ad un atleta del suo livello). Spesso e volentieri, inoltre, passa le serate a ballare in discoteca fino a tarda notte come tanti ragazzi della sua età. Ed è anche per questo, non solo per le sue qualità atletiche, che Usain è tanto amato dai giovani di tutto il mondo.
Eppure non tutti sanno che la sua strada verso il successo non è stata così facile. Usain è nato nella parrocchia di Trelawny, una provincia della Giamaica che ha per capitale la città di Falmuth, ovvero il porto dove tra il 1700 ed il 1800 sono sbarcati tanti schiavi provenienti dall’Africa che trovavano lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero. «Quella è la nostra origine, siamo figli del dolore», ricorda spesso Bolt quando gli chiedono di parlare della sua terra. Usain ha passato parte della sua infanzia lavorando in una piantagione di caffè e vivendo in una modesta casa del villaggio di Sherwood Contents, un migliaio di abitanti che ora, anche grazie a successi del loro famoso concittadino, sono riusciti a convincere il governo a portare l’acqua in alcune delle case più disagiate.
Oggi Bolt è uno degli sportivi più osannati del nostro tempo. E paradossalmente, proprio a causa dello sfortunato episodio capitatogli domenica, siamo certi che da adesso in poi sarà ancora più amato. Perché considerato un po’ meno “marziano” … ed un po’ più “umano”.
Le prossime gare di Bolt
(l’orario indicato è quello italiano con una differenza di -7 ore rispetto a quello sudcoreano)
Venerdì 2 settembre
04.10 200 metri: primo turno
12.55 200 metri: semifinali
Sabato 3 settembre
14.20 200 metri: finale
Domenica 4 settembre
12.00 Staffetta 4×100: primo turno
14.00 Staffetta 4×100: finale