Un lord tra le scimmie
È difficile che ci sia qualcuno che non sappia chi sia Tarzan. Se non avrà letto qualche romanzo o fumetto, avrà visto uno degli innumerevoli film, anche televisivi o d’animazione, sul celebre personaggio nato dalla fantasia di Edgar Rice Burroughs. Sì, l’uomo allevato dalle scimmie che “viaggia” abbrancato a una liana e il cui urlo fa tremare gli abitanti delle foreste è ormai parte dell’immaginario collettivo, a qualsiasi latitudine ci si trovi. Quest’anno poi Tarzan festeggia i suoi primi cent’anni, ed è in perfetta forma come sempre. A cosa si deve la fortuna di questo “eroe di carta”?
Intanto, qualche notizia sull’autore, nato a Chicago nel 1875 e morto nel 1950. Prima di diventare uno dei più prolifici e imitati scrittori d’avventura e fantascienza della prima metà del XX secolo, con milioni di copie vendute, Burroughs è un quarantenne inquieto, un mezzo fallito che tenta i più disparati mestieri, fra cui il cercatore d’oro. Giunto sull’orlo del suicidio a causa dei suoi insuccessi professionali, nel 1912 pubblica con altro nome (si vede che non ci sperava molto) un romanzo d’avventura di genere fantascientifico: Sotto le lune di Marte. Primo titolo di un ciclo ambientato nello spazio, riscuote immediati consensi. Ma il vero clamoroso successo arriva due anni dopo con Tarzan delle scimmie, sulla cui scia Burroughs scriverà altri ventitré volumi, otto dei quali ancora non tradotti in Italia (la saga di Tarzan si dilaterà poi in altri romanzi solo parzialmente scritti dal suo creatore o ufficialmente autorizzati dai suoi eredi).
E veniamo all’eroe della giungla, in onore del quale due città – una in California e l’altra nel Texas – si denominano rispettivamente Tarzana e Tarzan. Questo erede dei gemelli allevati da una lupa è figlio di due nobili inglesi – lord John Clayton Greystoke e lady Alice – sbarcati sulla costa africana da una nave ammutinata e morti in circostanze tragiche. Unico superstite il neonato, salvato da una scimmia che ha perso il figlio e cresciuto in un branco di gorilla come uno di loro. Col nome di Tarzan, ovvero “Pelle bianca” in lingua scimmiesca, per la sua intelligenza, forza e coraggio egli diventerà l’incontrastato “re delle scimmie”.
Di episodio in episodio si inanellano le più incredibili avventure con l’aggiunta di nuovi personaggi come Jane Porter, di cui Tarzan s’innamora. Per seguirla, lascerà la giungla natia scoprendo un’altra “giungla”, quella della civiltà moderna, dove imparerà le “buone maniere” e convolerà a giuste nozze, ormai però irrimediabilmente imborghesito. Senonché, dopo i primi quattro sequel, il ciclo ha decisamente perso mordente: tolto dal suo habitat naturale, Tarzan non è più lui.
Burroughs se ne accorge e allora cosa fa? Con un colpo di genio torna indietro nel tempo e pubblica nel 1919 le sue avventure giovanili, superando per freschezza, efficacia narrativa e forza immaginifica gli stessi primi affascinanti titoli della saga. Sono i dodici Racconti della giungla che, riproposti ora dall’editore Donzelli con le più belle tavole di un maestro del fumetto americano come Burne Hogarth, restituiscono il primo Tarzan: un adolescente che scopre i turbamenti e gli imbarazzi dell’amore per la sua compagna di giochi… ovviamente una scimmia! e, alternando scatti di ferocia belluina a sentimenti umani come la compassione, si rende conto della sua diversità rispetto ai compagni quadrumani. Uno che, spinto dall’istinto di paternità, arriva a rapire un bambino del villaggio di Mbonga pur di avere anche lui un “cucciolo” da accudire, e comincia a interrogarsi sull’essere superiore che ha potuto creare il mondo circostante, a intuire l’idea di Dio.
Piace questo eroe, che a differenza di altri non è dotato di superpoteri, ma deve le sue eccezionali capacità atletiche all’intimo rapporto con la natura. Piace per la sua umanità vincente sulla particolare vicenda che lo ha reso “re delle scimmie”.