Un lord tra le scimmie
Il presente itinerario ci conduce molto lontano, in quello Stato del Centro Africa affacciato per 1600 chilometri sull’Atlantico che si chiama Angola: nome derivante da Ngola, ossia il pesce gatto di cui quell’Oceano abbonda. Furono i portoghesi, i primi colonizzatori del Paese, a denominarlo così nel XVI secolo, ritenendolo il suo vero nome (in realtà si chiamava Regno del Kongo).
A deciderci per l’Angola è un motivo letterario: le sue foreste, infatti, sono lo scenario nel quale Edgar Rice Burroughs ha ambientato le avventure del personaggio più celebre nato dalla sua fantasia: Tarzan.
È difficile che ci sia qualcuno che non sappia chi sia Tarzan. Se non avrà letto qualche romanzo o fumetto, avrà visto uno degli innumerevoli film, anche televisivi o d’animazione, che lo hanno protagonista. Sì, l’uomo allevato dalle scimmie che “viaggia” abbrancato a una liana e il cui urlo fa tremare gli abitanti delle foreste fa ormai parte dell’immaginario collettivo, a qualsiasi latitudine ci si trovi. A cosa si deve la fortuna di questo “eroe di carta”?
Intanto, qualche notizia sull’autore, nato a Chicago nel 1875 e morto nel 1950. Prima di diventare uno dei più prolifici e imitati scrittori d’avventura e fantascienza della prima metà del XX secolo, con milioni di copie vendute, Burroughs è un quarantenne inquieto, un mezzo fallito che tenta i più disparati mestieri, fra cui il cercatore d’oro. Giunto sull’orlo del suicidio a causa dei suoi insuccessi professionali, nel 1912 pubblica con altro nome (si vede che non ci sperava molto) un romanzo d’avventura di genere fantascientifico: Sotto le lune di Marte. Primo titolo di un ciclo ambientato nello spazio, riscuote immediati consensi. Ma il vero clamoroso successo arriva due anni dopo con Tarzan delle scimmie, sulla cui scia Burroughs scriverà altri ventitré volumi, otto dei quali ancora non tradotti in Italia (la saga di Tarzan si dilaterà poi in altri romanzi solo parzialmente scritti dal suo creatore o ufficialmente autorizzati dai suoi eredi).
E veniamo all’eroe della giungla, in onore del quale due città – una in California e l’altra nel Texas – si denominano rispettivamente Tarzana e Tarzan. Questo erede dei gemelli allevati da una lupa è figlio di due nobili inglesi – lord John Clayton Greystoke e lady Alice – sbarcati in un punto imprecisato della costa angolana da una nave ammutinata e morti in circostanze tragiche. Unico superstite il neonato, salvato da una scimmia che ha perso il figlio e cresciuto in un branco di gorilla come uno di loro. Col nome di Tarzan, ovvero “Pelle bianca” in lingua scimmiesca, per la sua intelligenza, forza e coraggio egli diventerà l’incontrastato “re delle scimmie”.
Di episodio in episodio si inanellano le più incredibili avventure con l’aggiunta di nuovi personaggi come Jane Porter, di cui Tarzan s’innamora. Per seguirla, lascerà la giungla natia scoprendo un’altra “giungla”, quella della civiltà moderna, dove imparerà le “buone maniere” e convolerà a giuste nozze, ormai però irrimediabilmente imborghesito. Senonché, dopo i primi quattro sequel, il ciclo ha decisamente perso mordente: tolto dal suo habitat naturale, Tarzan non è più lui.
Burroughs se ne accorge e allora cosa fa? Con un colpo di genio torna indietro nel tempo e pubblica nel 1919 le sue avventure giovanili, superando per freschezza, efficacia narrativa e forza immaginifica gli stessi primi affascinanti titoli della saga. Sono i dodici Racconti della giungla che, riproposti dall’editore Donzelli con le più belle tavole di un maestro del fumetto americano come Burne Hogarth, restituiscono il primo Tarzan: un adolescente che scopre i turbamenti e gli imbarazzi dell’amore per la sua compagna di giochi… ovviamente una scimmia! e, alternando scatti di ferocia belluina a sentimenti umani come la compassione, si rende conto della sua diversità rispetto ai compagni quadrumani. Uno che, spinto dall’istinto di paternità, arriva a rapire un bambino del villaggio di Mbonga pur di avere anche lui un “cucciolo” da accudire, e comincia a interrogarsi sull’essere superiore che ha potuto creare il mondo circostante, a intuire l’idea di Dio.
Piace questo eroe, che a differenza di altri non è dotato di superpoteri, ma deve le sue eccezionali capacità atletiche all’intimo rapporto con la natura. Piace per la sua umanità vincente sulla particolare vicenda che lo ha reso “re delle scimmie”.