Un Libro bianco sulle carceri
Cosa può voler dire vivere nelle “patrie galere” lo sanno bene due avvocati: Gianluca Arrighi, noto penalista romano che ha al suo attivo anche romanzi di successo basati su alcuni casi veri che ha trattato, e Gino Arnone, di Torino, dello studio legale Ambrosio e Commodo. Arnone assieme al collega di studio Stefano Bertone, a Ermanno Zancla, penalista di Palermoe alla dottoressa Agata Galvano hanno ideato il Libro bianco delle carceri «Punto di partenza è la raccolta di testimonianze del maggior numero possibile di detenuti attraverso un modulo dove indicare la misura della sua cella, il numero delle persone con cui si divide, quanto tempo si trascorre all’interno e in che condizioni – spiega Zancla –.
«Stiamo parlando delle condizioni disumane e degradanti in cui vivono, da diversi anni, decine di migliaia di persone. Il termine emergenza mi sembra riduttivo – afferma Gianluca Arrighi – la situazione a Roma e nel Lazio è simile a quella del resto d'Italia. Il problema del sovraffollamento è di natura strutturale. Le carceri italiane non sono più in grado di ospitare i detenuti che debbono espiare la loro pena o sono in attesa di giudizio. Un detenuto, nelle carceri italiane – continua a spiegare il legale romano – ha uno spazio vitale di poco più di due metri quadrati. La normativa internazionale prevede che i maiali delle batterie debbano vivere in almeno sei metri quadrati ciascuno. Non credo si debba aggiungere altro. Quanto all'assistenza sanitaria e psicologica – conclude il penalista – gli operatori penitenziari fanno il possibile, ma l'incredibile sovraffollamento non consente loro di fornire ai detenuti i servizi adeguati di cui avrebbero diritto».
Altri dati sulla realtà carceraria nazionale li snocciola l'avvocato Gino Arnone, da Torino, confermando che esiste una emergenza carceri. «A essere richiusi sono 66 mila 300 detenuti, il 46 per cento in più della capienza reale di 45 mila 700 posti letto – racconta Arnone –. Abbiamo le carceri più affollate d’Europa, ma parlare di sola emergenza è riduttivo. Viviamo, ogni giorno e sottovoce, con qualche raro flash sui TG, una vera e propria tragedia umanitaria. Le nostre carceri – continua allarmato – sono infatti strapiene, luride, violente, disumane. Luoghi dove la mente dell’uomo viene annichilita e dove il corpo muore per suicidio o per malattia nella più assoluta indifferenza della maggior parte della società “civile”». Per non parlare dei casi di violenza, non solo quella subita da parte di altri detenuti ma anche sotto forma di autolesionismo, per arrivare perfino al suicidio. «Sono infatti già 60 nel 2012 i suicidi – conclude il legale Arnone – e circa il 10 per cento dei detenuti è autore di atti di autolesionismo fisico. Negli ultimi cinque anni, i suicidi sono stati 306. Dati davvero impressionanti».
Non si può dimenticare un altro dato: la recidiva che queste condizioni possono provocare. «I detenuti non sono extraterrestri – conclude Fleres –. Fuori dal carcere hanno una vita alla quale torneranno».
«È inaccettabile per uno stato democratico una situazione del genere – commenta Lino Buscemi, avvocato ed esperto di diritti umani –. Non sono disattese solo le direttive comunitarie sui diritti dell'uomo ma anche la nostra stessa Costituzione. Il sovraffollamento produce imbarbarimento. Dietro le sbarre c'è chi ha commesso reati gravi, ma anche delitti minori, e perfino chi attende il primo giudizio e quindi potenzialmente innocente. Lo Stato – continua Buscemi – non può essere vendicativo, ma deve puntare al recupero di chi ha sbagliato. Oltre a prendere in considerazione indulto e amnistia, si dovrebbero applicare misure alternative alla galera e depenalizzare reati che non destano allarme sociale. E magari prevedere – conclude Buscemi – aree apposite per chi è in attesa di giudizio, evitando quella pericolosa convivenza che esiste oggi».
Oltre alle testimonianze altro obiettivo del Libro bianco sarà quello di usare questi dati nel settore penale. La novità nel panorama giurisprudenziale italiano – aggiunge il legale palermitano Zancla– è iniziare un’azione di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale contro il ministero della Giustizia, davanti al Tribunale Civile di Palermo. L’idea è di creare un apposito collegio di difesa formato da tutti i colleghi che vogliano prendere parte a questa iniziativa».