Un laboratorio virtuale

È di questi giorni la notizia che, nell’Unione europea, il triste primato nel numero delle vittime dovute a disastri naturali, spetta all’Italia. Siamo i più esposti per la nostra situazione geomorfologica, e risentiamo più di altri dei recenti cambiamenti climatici che hanno esaltato le piogge torrenziali che provocano questi disastri. L’interesse per le previsioni meteorologiche, finora riservato agli agricoltori e ai vacanzieri, si va dunque polarizzando su di esse anche mosso da preoccupazioni assai più gravi riguardanti la nostra incolumità. Si vorrebbe soprattutto conoscere quale sia il grado di affidabilità da assegnare a queste previsioni di cui i media sono diventati tanto prodighi. Ne parliamo con un esperto. Sorriso aperto, atteggiamento affabile, inconfondibile accento romagnolo… da alcuni mesi condivido l’ufficio con Antonello Pasini, ricercatore presso l’Istituto sull’Inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Laureato in fisica teorica, si è specializzato in modelli meteorologici presso il Centro europeo di previsioni a medio termine e in cambiamenti climatici presso il Centro internazionale di fisica teorica (Trieste). Chiacchierando, tra un caffè e l’altro, mi è nata l’idea di intervistarlo, per permettere al grande pubblico di conoscere i risultati delle sue ricerche. Per oltre dieci anni hai lavorato al Servizio meteorologico dell’aeronautica militare: se tu non fossi passato al Cnr, forse oggi appariresti in divisa sui teleschermi per illustrarci l’arrivo di una perturbazione. Immagina di essere davanti a una telecamera e prova a spiegarci perché è così difficile prevedere il tempo. “In teoria conosciamo bene i singoli fenomeni che avvengono in atmosfera e sappiamo anche descriverli con formule matematiche che possiamo inserire in un “modello”, cioè un programma che simula la realtà in un calcolatore. Le vere difficoltà sono altre. Da un lato, le osservazioni da terra e da satellite ci forniscono solo una conoscenza approssimata di com’è il tempo attualmente nel mondo, dall’altro i sistemi di equazioni che descrivono la fisica dell’atmosfera sono estremamente sensibili agli errori che commettiamo nell’osservare il tempo attuale. Così, se partiamo da un’informazione anche leggermente imprecisa ad un certo istante, gli errori si amplificano drasticamente e la previsione diviene inutilizzabile dopo una decina di giorni: si assiste all’insorgenza del cosiddetto “caos deterministico”. Inoltre, anche per la previsione a breve scadenza, il dettaglio locale non è raggiungibile perché i calcolatori attuali sono ancora troppo lenti: e dire che per le previsioni del tempo vengono usati i computer più potenti del mondo. Ecco perché spesso la meteorologia è accusata di non essere una scienza esatta”. Da quanto dici si capisce che l’atmosfera è un oggetto complicato, il cui comportamento è difficilmente prevedibile a lungo termine. A maggior ragione dovrebbe essere ancora più arduo anticipare il futuro del clima, a causa delle complesse interazioni tra i componenti del “sistema Terra”: è così? Quali strumenti utilizzano gli scienziati per prevedere il clima? “Avendo parlato del limite intrinseco nei modelli attuali che non consente la previsione del tempo oltre i 10-15 giorni, sembrerebbe improponibile prevedere il clima dei prossimi decenni. In realtà, il clima di una determinata zona è dato dal tempo meteorologico medio e dalle sue variazioni in un certo numero di anni: in sostanza, il clima è un concetto statistico. La previsione climatica, quindi, non ha le stesse pretese della previsione meteorologica, dove si vuole sapere il tempo che farà su una certa zona in un determinato istante nel futuro, ma si accontenta di prevedere, ad esempio, la temperatura media per alcuni decenni su una regione molto vasta. Fortunatamente, alcuni fattori esterni all’atmosfera, come la presenza degli oceani, tendono a mitigare le variazioni e a facilitare la previsione del clima futuro. Per far ciò si usano ancora dei modelli al calcolatore, dove questa volta vengono inseriti dati ed equazioni relativi non solo all’atmosfera, ma anche agli oceani, alla copertura delle terre emerse, alla biosfera e, non ultima, all’influenza dell’uomo. Poiché questa dipende dallo sviluppo economico e dalle politiche ambientali, è chiaro che l’uomo introduce un ulteriore fattore di incertezza “. Nonostante le incertezze che hai evidenziato, ritieni che il clima stia cambiando? Pensi che le cause di questo cambiamento siano da ricercare nelle attività umane? “I dati osservativi di cui siamo in possesso indicano chiari segnali di cambiamento climatico negli ultimi decenni, cambiamento che sembra oltrepassare la normale variabilità di origine naturale. In particolare, riusciamo a ricostruire il clima degli ultimi 140 anni mediante modelli matematici solo se consideriamo le influenze dell’uomo sul sistema Terra e, in particolare, l’immissione in atmosfera dei gas serra come l’anidride carbonica, provenienti in buona parte dalla combustione di carbone, petrolio e derivati”. Da quatto anni lavori al Cnr dove hai dato un contributo originale a modelli innovativi basati su “reti neurali”. Ci Nasa puoi spiegare cosa sono? Si applicano solo a meteorologia e climatologia? “Le reti neurali sono modelli di intelligenza artificiale che simulano in maniera molto semplificata il funzionamento del cervello umano. Come il cervello di un bambino, questi modelli sono in grado di apprendere da esperienze e dati nel passato. In tal modo, si costruiscono una rappresentazione del sistema che stanno esaminando ed elaborano relazioni e leggi che ci consentono di comprendere il suo funzionamento anche in casi molto complessi. La loro applicazione alla meteorologia e alla scienza del clima è molto recente, mentre in altri campi, in verità meno complicati, vengono usati già da qualche tempo”. Uno dei “cavalli di battaglia” del tuo libro è la parte in cui sostieni che meteorologia e climatologia sono scienze nel senso galileiano. Che cosa vuol dire? “Galileo semplificava i sistemi meccanici che stava esaminando e li studiava in laboratorio, con esperimenti effettuati in condizioni controllate e ripetibili. Così ha superato le semplici osservazioni arrivando a cogliere leggi universali. Da Galileo in poi non ci si può più accontentare di osservare accuratamente un fenomeno, ma si deve manipolare il sistema spingendo la natura a fornirci determinate risposte. Ovviamente, in atmosfera non si può costruire un esperimento reale: certe interazioni non possono essere semplificate, non possiamo controllare tutti gli elementi” Con l’elaborazione di modelli al calcolatore l’approccio galileiano si può recuperare nel mondo virtuale, dove possiamo immettere la nostra conoscenza teorica (le equazioni) e i dati osservativi, simulando l’evoluzione del tempo e del clima in condizioni semplificate. Comunque, solo il confronto con l’evoluzione reale dell’atmosfera ci può dire se il nostro modello è valido”. Ti sei laureato con una tesi sull’unificazione delle forze fondamentali e dal tuo libro traspare la passione per la filosofia della scienza. Uscendo dall’ambito della scienza sperimentale, ti vorrei chiedere qual è la tua visione del mondo? Vi cogli il caos o l’armonia? “Credo che la nostra mente sia stata costruita per cogliere l’ordine nelle cose, se non altro per un principio di economicità: possedere una legge fisica è meglio che tenere a mente dati senza senso. Allo stesso tempo, l’ “irragionevole efficacia” della matematica nel descrivere il mondo naturale mi fa pensare che questo ordine sia insito nelle cose. “Sottile è il Signore, ma non malizioso” diceva Einstein: per avvicinarci al suo disegno anche noi dobbiamo essere sottili. Dietro le nubi più minacciose, dobbiamo sempre vedere il cielo azzurro che le sovrasta”. Maggiori informazioni sul libro I cambiamenti climatici. Meteorologia e clima simulato (Bruno Mondadori editore) si trovano nel sito: www. brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID= 1472&un=.

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