Un laboratorio di pensiero e vita

Augsburg, la città della pace augustana e capoluogo della Svevia bavarese è a due passi, ricca di storia, barocco e industriosità. Tuttavia Ottmaring – che “contiene” la cittadella ecumenica dei Focolari – è anche altro; è campagna pettinata e fertile; è un convivere sereno e creativo; è un’architettura moderna integrata nell’ambiente. Anche se i suoi 897 abitanti sono avvezzi agli ospiti, quest’anno la presenza dei 150 studenti e professori della summer school, l’università estiva dell’Istituto superiore di cultura dei Focolari, li ha sorpresi non poco. Perché? La matricola e la persona Nel centro di congressi della cittadella, progettata da Hans Gebauer, il bar dalle ampie vetrate che riflettono sole e prati è un luogo che favorisce la conversazione. Leonardo Brancaccio è praticante avvocato nelle Puglie: “Abituato a un ambiente universitario dove il docente, salvo i doveri accademici, non ha nulla a che spartire con gli studenti, qui mi ci è voluto del tempo per rendermi conto che i nostri professori sono sempre disponibili alla conversazione. Non esitano a raccontarti non solo le proprie “scoperte” culturali, ma anche a comunicarti qualche brano della loro vita personale. Non tengono gelosamente per sé la loro scienza, ma la comunicano. A Bari ero un numero di matricola, qui sono una persona”. E ciò è valido non solo coi professori più giovani, come Luigino Bruni, docente di economia alla Bicocca di Milano, ma anche con i più anziani. “I fondatori delle università – mi spiega il prof. Bruni, ovviamente insegnante di economia – hanno sempre sognato di creare delle vere comunità educative; ma, tranne alcuni luminosi e profetici esempi, quell’ideale è rimasto incompiuto. E tutti noi che lavoriamo nelle università – come studenti, docenti o personale amministrativo -, avvertiamo che la carenza principale nelle nostre istituzioni sta proprio lì: operiamo in agenzie che diventano aziende ma non comunità, nel senso nobile della parola. “La vicenda triennale del nostro istituto – prosegue – è un’esperienza di comunità perché di vera reciprocità, e quindi di sostanziale uguaglianza e amicizia tra docenti, studenti e segretari. E da questa socialità fondata sulla fraternità scopriamo che ognuno può e deve svolgere il suo specifico ruolo, di studente o di docente. Durante le lezioni, per la reciprocità sperimentata – in cui l’ascoltare è altrettanto importante che il parlare -, capita che mi nascano idee, intuizioni e scoperte alle quali non avevo mai pensato. La lezione diventa quindi un momento che va oltre l’esposizione di idee e verità, e si trasforma in vera creazione di cultura”. Interviene una giovane farmacista australiana, Brooke Rubino, neolaureata: “I nostri professori, oltre a essere sempre disponibili, sono capaci di cambiare direzione, se uno di noi studenti gli suggerisce qualcosa di interessante. Quando mai succede altrove?”. Matematica e teologia insieme Le vie di Ottmaring sono così poco trafficate da invitare alla deambulazione collettiva, un po’ come accadeva nel Liceo o nel Ginnasio di greca memoria. Alba Sgariglia insegna mariologia. Con lei converso sul programma degli studi, che associa discipline assai diverse tra loro. “In continuità con il felice esperimento dei due anni precedenti – precisa la docente -, il corso si è posto l’ardito obiettivo di dare una visione globale del sapere alla luce del carisma dell’unità dei Focolari. Un sapere che vuole essere illuminato dalla sapienza, e che sgorga dalla norma della costante presenza di Gesù fra i suoi. Quest’anno abbiamo introdotto nuove discipline, quali bioetica, ecologia, arte, scienze della comunicazione” Lungi dal voler esaurire i contenuti delle singole materie, il corso offre agli studenti una nuova metodologia nell’approccio ai vari saperi, fondata sulla comunione. La visione dell’uomo proposta porta infatti a superare la rigida divisione tra le discipline che, pur salvaguardate nella distinzione, vengono scoperte in profonda relazione l’una con l’altra”. Con noi c’è Claire Neveux, che a Parigi studia diritto: “Per me questa varietà non è più strana – frequenta il secondo anno -, perché ho capito che ogni disciplina aggiunge qualcosa al mio sapere. E anche associare discipline teologiche con altre scientifiche non è un male: chi l’ha detto che pensare e contemplare siano incompatibili?”. 32 nazioni di 5 continenti Una accanita partita di pallavolo si accende nel prato dinanzi all’auditorium, nell’intervallo tra una lezione sulla dinamica trinitaria e una di antropologia medica. Un brasiliano moro e tarchiato richiama la palla con il suo accento nasale, e gli fa eco la voce gutturale di un biondone tedesco con tanto di coda di cavallo. “I 131 giovani che costituiscono e compongono il nostro corso estivo – mi spiega Vera Araújo, sociologa – vengono da 32 nazioni dei cinque continenti, un vero caleidoscopio culturale: basta un colpo d’occhio per rendersene conto. Ma colpisce l’armonia dei rapporti, la facilità dell’incontro, come se le diverse culture avessero trovato non solo un punto di convergenza ma anche la possibilità di instaurare un dialogo fecondo. “Ascoltando le lezioni – prosegue -, consumando pasti insieme, nella conversazione spontanea, nelle ore di svago e di sport, si percepisce che tale dialogo passa attraverso il rispetto, il dono e l’accoglienza. Ognuno si sente rispettato non solo personalmente ma con il suo bagaglio culturale di conoscenza, usi e costumi. Ognuno è invitato a fare dono di sé stesso e della sua cultura, cosicché le giornate trascorrono in uno scambio dinamico. Ognuno accoglie la cultura dell’altro, fa spazio, allarga il cuore e la mente. E si arricchisce”. Risultato? Un laboratorio dove si sperimenta – nel cuore di una vita fatta di azioni e reazioni, di buio e luce – il comporsi di un disegno colorato di tante tonalità e spessori, ma gradevolissimo allo sguardo, al cuore e alla mente. Herivelto Pereira Souza, di Brasilia, studia sociologia e psicologia, interviene nella conversazione: “Ha ragione Vera. Non ho mai vissuto un’esperienza del genere, con tante diverse culture riunite, ma ognuna essendo un dono per l’altra, anche sul piano intellettuale. Nei nostri paesi è difficile uscire dai nostri schemi, ma qui ci riusciamo. Così possiamo costruirci un sistema teoretico personale e originale”. Scienza e fede, semplicemente È un’intensa e triplice comunione che caratterizza la vita di studenti e professori: con l’eucaristia innanzitutto (le celebrazioni nella raccolta cappella del centro sono essenziali e gioiose: non è frequente vedere cento e passa giovani raccolti in preghiera); col fratello (tutto il giorno, in tutte le ore, ogni luogo va bene); con la Parola di Dio (una frase delle Scritture diventa quotidianamente traccia di vita). Emiliano Fiore, ciociaro, giovane laureato impegnato in politica e nella vita accademica, sta inviando email per il suo lavoro: “Qui – dice – mi sembra vi sia continuità tra ragione e fede: i docenti cercano di trasmetterci una fede ragionevole, in modo che ognuno di noi possa poi lavorare nella stessa prospettiva, sapendo che nuove categorie di pensiero nascono, mentre altre già esistenti vengono rivalutate”. Judith Povilus insegna matematica alla summer school: “Spesso nel passato scienza e fede – mi spiega – sono state contrapposte come ambiti conflittuali o mutuamente esclusivi. Una convinzione che, anche se si avvertono segni di riconciliazione, perdura. Invece, alla luce della comunione trinitaria, approfondita come fede e vissuta, anche le verità del sapere scientifico vengono illuminate nella loro dimensione relazionale. Si scopre la collocazione dell’uomo all’apice della creazione, e il suo ruolo di custode della natura. “Per lo spirito di dialogo che permea ogni aspetto della nostra scuola – continua la Povilus -, abbiamo sperimentato che fede e scienza sono intimamente legate e capaci di essere di mutuo stimolo e chiarimento. Tutto ciò conferma le parole del papa nella Fides et ratio: anche se ci sono diverse forme e livelli di verità, non possono contraddirsi, perché la verità è una”. I metodi, il metodo L’aula dei professori è fornita di un monitor grazie al quale i docenti possono seguire le lezioni dei colleghi, “perdendo tempo” con altre discipline, per l’interdisciplinarietà della scuola. Il direttore, Piero Coda, docente di teologia trinitaria al Laterano, mi spiega come si studia: “I metodi utilizzati nel contesto dei diversi saperi – afferma – appaiono oggi estremamente specializzati. Tanto che non solo sono di fatto diventati impraticabili per i non addetti ai lavori – il che da un certo punto di vista è anche comprensibile -, ma rischiano persino di trasformare il mondo della cultura e della ricerca in un labirinto in cui ci si può smarrire. In realtà, già Aristotele insegnava che è stata la verità stessa ad aprirsi la strada verso di noi, e che pertanto il metodo del conoscere sta tutto nello scoprire e nel ripercorrere questa strada, che nella esperienza cristiana prende il volto di Gesù: la verità che si fa via alla vita”. È una sfida per il giovane istituto di cultura: “Riscoprire nell’esperienza cristiana di Gesù presente, per l’amore reciproco, tra docenti e studenti – continua Coda – “il metodo”, e cioè la via vivente in cui trovino spazio, comunicazione e direzione i metodi specifici delle differenti discipline. Solo così si esce dal labirinto dei tecnicismi in cui va perso il senso di ogni autentico sapere: andare incontro alla verità nel suo molteplice offrirsi alla libertà. Solo così c’è speranza di formare persone intere e non dei semplici esperti di settore. Perché proprio di persone – come ha detto recentemente Mario Luzi – c’è soprattutto, e con urgenza, necessità “. Accade così che, nel dialogo che si fa comunione, si inserisca anche un elemento per così dire “sincronico”: la comprensione e la rivalutazione del patrimonio culturale delle diverse discipline, armonizzato in un presente in cui pensiero e vita interagiscono, senza capirne i confini. Pietro Parmense

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