Un incontro nella strada

Provocati dal “perché?” di chi soffre. Riportiamo parte di un articolo che il noto scrittore e accademico di Francia Daniel Rops ha scritto espressamente per il nostro periodico sul n. 15/16 del 1962.
Lo scrittore Daniel Rops

Era un uomo certamente ancor giovane, ma che recava già nel colorito e nell'espressione quel non so che di indefinibile che sfugge ad ogni stima d'età e che è l'impronta stessa della miseria.
Una pelle bigia dagli zigomi più scuri, due rughe profonde attraverso le guance, una lunga bocca dalle labbra sottili. È così che rivedo, grosso modo, il volto di quell'incontro. Ma l’essenziale non era lì, in quei tratti, in quell'andatura e in quella specie di prostrazione che ho ritrovata in tanti suoi simili. L'essenziale era nello sguardo degli occhi grigi, che per cinque secondi aveva incontrato il mio. Uno sguardo che non ho più ritrovato in chicchessia, quello sguardo pallido e fisso che mi poneva, in silenzio, un semplicissimo quesito.

Ne sono certo: in quell'uomo, in quello sguardo, si celava solamente una domanda. Egli non mendicava e, se avessimo infranto l'invisibile schermo che ci separava, io so bene che egli non mi avrebbe supplicato con quella voce bassa e più o meno ipocrita che si ode su tante labbra umiliate. Non c'era protesta in lui e neppure odio o rivolta.

Semplicemente, allo sconosciuto che egli incontrava, come a chiunque e come al mondo intero, con tutto il suo atteggiamento e con il suo muto sguardo, egli rivolgeva quella parola che mi era giunta nonostante il silenzio: perché? E questa la parola che ciascuno di noi intenderebbe qualora le barriere delle consuetudini e degli egoismi, delle classi sociali e dell'ordine stabilito, non ci imprigionassero nella nostra condizione e nella nostra tranquillità di esseri privilegiati.

Senza tregua questa parola giunge ai nostri orecchi come lo sciabordìo d'una marea lontana, come il rumore insidioso e indimenticabile delle ciabatte dello sconosciuto sull'asfalto fangoso.

Abbiamo un bel fingere d'ignorarla… Essa è là, essa è sempre là, assai vicina, checché se ne dica, a quel «Caino, che cosa hai fatto di tuo fratello?», che il primo peccato, il primo egoismo, attirò dall'alto dei cieli sul primo criminale. Vano è divincolarsi. Io non sono Caino! Che male ho commesso? Sono forse io responsabile? C'è sempre, nel più profondo di noi, una risposta che ci attende al varco e questa risposta si risolve ancora nello stesso interrogativo.

Daniel Rops

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