Un impiegato anomalo
Fa già moltissimo caldo quando giungo affannata al portone di una sede Inps di zona della mia città. Stranamente non c’è folla che staziona di fuori né movimento palese all’interno: vado alla macchinetta che distribuisce i numeri d’ordine per accedere ai servizi e lo schermo è nero e capisco che è spento. Cerco qualcuno alla portineria e mi viene detto che ormai si accede ai servizi solo tre giorni la settimana e che gli altri due giorni di apertura si deve prendere un appuntamento via telefono al solo numero nazionale di accesso all’Inps con tutti i disagi e le attese che i cittadini hanno potuto sperimentare sicuramente almeno una volta.
Poi scorgo più all’interno una fila di persone in attesa per accedere ad un piccolo bancone su cui è scritto “Informazioni (8.30-12)”: quello funziona, e vedo un signore non più giovane che dialoga con una signora che sta ponendo molte domande. Mi metto allora in coda preparata a pazientare parecchio: ho davanti sette persone. Piano piano dopo qualche occhiata distratta agli avvisi murali e alla sala di attesa deserta, dove qualcuno che non può stare in piedi a lungo si è accomodato, vengo attratta dalla voce garbata dell’impiegato dietro il bancone che affronta con una calma invidiabile e una competenza ineccepibile ogni tipo di problema, spesso complicatissimo o talvolta quasi banale, nella stessa maniera, adattando di volta in volta le sfumature di tono, aggiungendo spesso un pizzico di ironia, o un augurio sincero per coloro che hanno perduto il lavoro, e persino un saluto arricchito di congratulazioni e di delicata comprensione per una giovane immigrata straniera in avanzato stato di gravidanza e in confusione linguistica.
Sento che non esiste differenza alcuna per questo impiegato tra un ragazzotto un po’ aggressivo ricoperto di tatuaggi con la lunga chioma adorna di perline colorate e l’anziano di 86 anni, smarrito nel venire a denunciare la scomparsa recentissima della moglie, o la persona che non riesce a districarsi tra i meandri spesso oscuri della burocrazia, per cui è costretto a ripetere per ben tre volte l’iter burocratico da seguire, accompagnandolo alla fine anche con uno schema tracciato velocemente mentre spiega.
E noto allora una cosa molto importante: per quanta attesa comportino i problemi posti a coloro che sono dietro a chi è già giunto al bancone, nessuno brontola o si lamenta, nessuno commenta né protesta. La gratitudine sincera di chi ha finito il proprio turno, e lo stile specialissimo di questo addetto alle informazioni, hanno creato un’atmosfera tranquilla, direi di pace, in cui ciascuno sa che deve aspettare, ma che una volta giunto, sarà ascoltato fino in fondo, compreso, illuminato e realmente aiutato nel proprio piccolo o grande problema.
Quando arriva il mio turno, sapendo che la mia richiesta è semplice e avrà una risposta rapida, non mi trattengo dopo il “buon giorno” a manifestare a voce bassa il mio stupore e la mia ammirazione per il modo di lavorare di questo sconosciuto signore: «Lei, signore – gli dico –, sta facendo un lavoro magnifico pieno di concreto aiuto, di ascolto reale, di grande competenza e di sincera umanità e sento il desiderio e il dovere di dirle grazie e di congratularmi, perché lei si identifica completamente con ogni tipo di persona e con ogni problema che le viene posto e le persone più o meno coscientemente lo sentono!» L’uomo mi guarda come se parlassi una lingua straniera a lui sconosciuta, poi mi sorride e mi dice: «Lei mi sta commuovendo signora. Io sono stato impiegato qui e ora, in pensione e vedovo all’improvviso, ho pensato di offrirmi per essere utile nel campo che meglio conosco. E se, come si dice “il lavoro nobilita l’uomo” allora una reazione come la sua mi conferma che non sto arrancando avanti nella mia vita invano».
Io pongo velocemente il problema e lui altrettanto rapidamente mi indirizza con appunti e raccomandazioni: «Faccia così, non faccia colà, guardi che i moduli sono confusi». Io lo ringrazio, faccio per allontanarmi e lui mi sussurra veloce: «Signora grazie, grazie di cuore perché mi ha illuminato la giornata e ha saputo cogliere cosa c’è al di là delle mie semplici azioni giornaliere. E sa una cosa? Insomma, è come se fosse giunto un segno dal Cielo!».