Un impegno culturale che continua
Grazie: è la parola che si impone, la prima che dobbiamo rivolgerci l’un l’altro a conclusione della campagna a favore della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita. In questi mesi, girando per l’Italia, ho potuto costatare direttamente il numero impressionante di persone che si sono dedicate con generosità e competenza, che hanno messo a disposizione le loro risorse personali e professionali, per condurre questa battaglia a favore dei diritti umani. Una campagna, prima di tutto, culturale, rivolta a comunicare e testimoniare una visione dell’uomo che lo rispetti fino in fondo, e che rischia di diventare minoritaria nei confronti di una visione utilitaristica ed individualistica che vuole l’uomo completamente manipolabile. E il primo rispetto abbiamo cercato di averlo – e lo conserviamo – verso tutti coloro che hanno avuto un’opinione diversa dalla nostra. Al di là dei risultati dei referendum, abbiamo acquisito una vittoria su alcuni obiettivi che ci eravamo proposti fin dall’inizio. Anzitutto, lo sviluppo di una rete di collaborazione fra le tante realtà ecclesiali e sociali che si sono impegnate: la campagna ha visto crescere la reciproca conoscenza e l’attitudine a lavorare insieme sia dentro la chiesa che dentro la società. Si è prodotta una vivificazione di molte realtà ecclesiali che hanno avuto l’opportunità di trasferire il loro patrimonio spirituale e culturale nell’impegno pubblico. La stessa società civile è stata stimolata e attivata. Questa rete è un patrimonio ecclesiale e sociale che non smobilita all’indomani dei referendum, ma fa ormai parte della nostra esperienza e potrà entrare in azione anche in futuro. Bisogna però comprendere bene come questa rete si è formata. La gerarchia ecclesiale, doverosamente e opportunamente, ha lanciato un appello di carattere dottrinale e pastorale; la prima risposta è venuta dalle realtà ecclesiali, che si sono impegnate dimostrando non solo l’unità nella fede, ma anche una coesione culturale su questo tema e una capacità di collaborazione mai viste; e questo è stato possibile perché da anni, soprattutto a partire dalla grande adunata dei movimenti ecclesiali voluta da Giovanni Paolo II alla Pentecoste del 1998, i movimenti e le associazioni ecclesiali avevano iniziato un lavoro comune. L’appello della gerarchia è necessario; ma da solo non può creare una comunità di cultura e di azione che può venire solo dall’assunzione di responsabilità da parte dei laici cattolici, come è avvenuto in questi mesi. In secondo luogo, abbiamo diffuso nella società conoscenze e testimonianze che hanno aumentato la consapevolezza civile sui temi della bioetica, materia che continuerà ad essere al centro dell’attenzione pubblica e dell’agenda politica nel prossimo periodo. Lo sviluppo tecnologico applicato nei campi della vita e della genetica sta determinato una svolta epocale paragonabile alla prima rivoluzione industriale: è su questo fronte che si giocheranno alcune fra le più importanti partite politiche del prossimo futuro. Ancora, la campagna ha stanato molte competenze professionali che, fino ad oggi, erano rimaste confinate nella sfera privata e che invece, in questi mesi, hanno avuto l’opportunità di esprimersi nella sfera pubblica: medici, avvocati, psicologi, esperti nei diversi aspetti della vita civile hanno potuto sperimentare la valenza pubblica e politica delle loro competenze professionali. Ne è risultata accresciuta la dimensione della cittadinanza, la consapevolezza che non si può vivere solo nel privato: senza l’impegno pubblico, anche gli aspetti più intimi della nostra esistenza vengono messi in pericolo. Moltissimi giovani hanno fatto il loro ingresso nell’attività politica attraverso questa campagna; e lo hanno fatto, spesso, rompendo gli schemi dai quali molti adulti non sono riusciti a liberarsi: la costituzione di comitati Scienza & Vita nelle università, sorti dal basso, da parte di giovani anche non cattolici e appartenenti a diversi orientamenti politici – e anche contro l’indicazione ufficiale dei partiti di appartenenza – fa nascere un senso di fiducia verso il futuro e il desiderio di continuare a lavorare in politica in questo modo libero, che permette a ciascuno di collocarsi nella parte che preferisce, ma senza rinunciare alla difesa dei diritti umani che dev’essere patrimonio di tutti. I temi della difesa della vita e dei diritti umani, della giustizia nei confronti dei più deboli, dell’umanizzazione della scienza, in questa campagna hanno trovato una sintesi che, agli occhi di molti giovani, si è presentata come una seria e profonda chiamata: qualcosa per cui vale la pena di impegnare la vita. Questa campagna ci fatto anche imparare alcune cose. Prima di tutto l’importanza che il laicato cattolico si muova al completo, con tutte le sue componenti. I temi della difesa della vita hanno implicazioni in tutti i campi dell’esistenza personale e sociale: non possono essere demandati solo a quei movimenti ed associazioni che si occupano, ogni giorno, esclusivamente o prevalentemente di essi; bisogna diventare più consapevoli dell’importanza di questi temi, e inserirli adeguatamente nella formazione e nella vita quotidiana di tutti i movimenti e le associazioni. Un punto di forza della nostra campagna è stato proprio il fatto che, alla difesa della legge sulla procreazione artificiale, abbiano contribuito anche i moltissimi che, quotidianamente, agiscono nel mondo del lavoro e del sociale: hanno difeso la vita nascente in base agli stessi princìpi coi quali lottano per la giustizia sociale e per la pace. Ancora. In questi mesi le ragioni della fede hanno avuto rilevanza pubblica: ma solo perché si sono espresse attraverso le ragioni universali della scienza, di un autentico umanesimo, della ragione civile e politica, condivisibili anche da chi non è cattolico. È bene sottolineare che non esiste una maggioranza cattolica, né in parlamento né nel paese; i cattolici possono, invece, contribuire a costruire una maggioranza nel bene sulle varie problematiche di cui si occupano, guardandosi con attenzione dall’operare, in quanto chiesa, scelte di partito. I cattolici dovranno imparare sempre più ad argomentare le loro ragioni, a trasmettere una cultura del rispetto integrale dell’uomo, ad usare un linguaggio dotato di cittadinanza universale, come è stato fatto in questa campagna. Un’attenzione particolare va portata ai cattolici presenti nei diversi partiti. È urgente impegnarsi per costruire le condizioni che permettano la piena espressione della propria identità cattolica, qualunque sia la posizione del partito al quale si appartiene. Può essere necessario, talvolta, adoperarsi per raggiungere, su una legge, una posizione di mediazione e di compromesso, per evitare un male maggiore: la stessa legge 40 è un compromesso, che su alcuni aspetti è contrario alla dottrina cattolica. Ma dev’essere ben chiara la differenza tra ciò che un politico cattolico pensa in quanto cattolico, e la mediazione che egli, con la sua libera responsabilità, ritiene di poter accettare: ed egli stesso deve sottolineare questa differenza. In questi mesi abbiamo invece incontrato anche, sotto tale aspetto, posizioni non coerenti, che confondevano l’autentica posizione della dottrina cattolica con il compromesso; abbiamo visto dei cattolici che cercavano di giustificare il sì ai referendum come se i sì fossero stati coerenti con la dottrina e, per questo, anche in buona fede, deformavano la dottrina. Hanno agito in modo opposto, ma simile, a quei cattolici, specialmente statunitensi, che cercarono di giustificare la guerra in Iraq sulla base della dottrina cattolica della guerra giusta, deformando, per questo, la dottrina autentica. È necessario impegnarsi per respingere i tentativi, da qualunque parte vengano, di strumentalizzare la dottrina per giustificare una decisione politica. Ora che abbiamo i referendum alle spalle, e che alcuni motivi polemici sono caduti, è il momento di rilanciare un dialogo vero con tutti, di continuare nell’azione di cultura e di testimonianza, proprio a partire dai positivi obiettivi che sono stati raggiunti. Senza mai dimenticare che, al fondo dei tanti motivi che ci hanno spinto ad agire, c’è la motivazione fondamentale: un atto di fraternità nei confronti del genere umano. È la fraternità verso tutti che ci ha motivato all’impegno, e la fraternità è cresciuta fra noi che siamo scesi in campo.