Un grande laboratorio di intercultura
L'Ecuador è spesso ai margini della cronaca internazionale, eppure può dare un contributo importante nel dialogo tra culture diverse
L’Ecuador è un Paese spesso ai margini delle grandi cronache internazionali. È necessario un tentato colpo di stato, come alla fine di settembre 2010, o la questione del petrolio in Amazzonia ed i conflitti con gli indigeni, che non permettono alle multinazionali di affondare le loro trivelle, per sentir parlare di questa nazione.
È, invece, un Paese che può dare un contributo importante proprio oggi nel mondo globalizzato, caratterizzato da incontri e scontri fra gruppi etnici, linguistici e religiosi. Qui si trovano diverse culture, alcune seriamente discriminate per secoli, a causa del colonialismo e neo-colonialismo. Il grande sforzo del Paese è proprio quello di recuperare comunità, culture, nazionalità e forme di religiosità locale. Colpisce una nazione, che ha avuto il coraggio dopo quasi due secoli di indipendenza (caratteristica molto interessante di tutta l’America andina), di rimettersi in discussione, elaborando una nuova Costituzione approvata con un referendum costituzionale nel settembre del 2008.
Non è stato un processo facile e nemmeno indolore. Ha provocato tensioni fra diverse espressioni del Paese, in particolare con la gerarchia della Chiesa cattolica, ma ha senza dubbio messo in evidenza alcuni aspetti fondamentali della ricchezza, non solo economica dell’Ecuador.
Recentemente, una autorevole esponente europea del mondo laicale cristiano, al termine di una visita di alcuni giorni, ha affermato che l’Ecuador trova la sua grande ricchezza nei rapporti interculturali. «In questa nazione è necessario avere un cuore grande, saper dialogare (…) Se in un Paese come questo, che in fondo non è così grande, si riesce a portare la vera fraternità, un giorno potremo dire: venite, venite in Ecuador se volete vedere un popolo unito!»
La sfida è aperta ed il cammino difficile. Varie comunità indigene, dopo una iniziale simpatia nei confronti dell’attuale presidente Rafael Correa, lo accusano ora di non aver avuto il coraggio di andare a fondo nelle riforme promesse e di politicizzare il rinnovamento desiderato ed i processi di dialogo interculturale ed inter-etnico. La politica rappresenta una chiave di volta. Le comunità sono chiamate a proporsi a livello nazionale, ma spesso i loro rappresentanti vengono poi invischiati nei giochi politici, causando, in tal modo, la perdita del contatto con le comunità di origine, che non li riconoscono più come loro espressione.
Resta, tuttavia, il fatto – e questo è innegabile – che si è iniziato un processo. Certamente sarà lungo, perché necessita di chiarimenti e di scelte future, di impegno in un dialogo paziente fra tutte le componenti, etniche, linguistiche e sociali, prima di tutto, ma anche politiche, istituzionali e religiose. Ma ciò che importa è che si è aperto qualcosa di nuovo in cui tutti, anche se in modo diverso, si sentono coinvolti e cercano un proprio ruolo.
Durante la mia permanenza ho avuto modo di incontrare persone di tutte le estrazioni e categorie sociali. Spesso, parlando con la gente, emerge la volontà di aprirsi realmente nel quotidiano, ma anche con progetti specifici, all’incontro con comunità indigene, per realizzare il principio dell’intercultura, di cui parla la costituzione ben 11 volte. A questo si aggiunge l’impegno, come cristiani, di dover vivere la palabra de Dios, quella parola tratta dal Vangelo, che, se fatta vita, diventa un agente trasformatore importante. Non solo. Si avverte la necessità di costruire comunità autentiche a livello locale per poter dar vita ad una vera integrazione sul territorio.
Anche a livello istituzionale ci sono episodi degni di rispetto e davvero emblematici. Il 10 agosto, festa nazionale, il presidente Correa ha rivolto un messaggio alle Camere e alla nazione. Dopo un suo intervento sulla libertà a diversi livelli, ha lasciato la parola ai ministri del suo Governo, che hanno esposto quanto l’attuale gabinetto sta facendo nella prospettiva dei diversi ministeri. Un esempio, che può far riflettere Paesi che si ritengono maestri di democrazia.
L’Ecuador, grande laboratorio di intercultura, può davvero offrire al mondo un modello imitabile e sostenibile di incontro e convivenza.