Un grande direttore, Myung – Whun Chung
L’Accademia romana di Santa Cecilia continua ad ospitare bacchette prestigiose, come Chung, già suo direttore stabile. Un programma all’insegna del tardoromanticismo, partendo da Weber e Richard Strauss per finire con Ciaikowski. Il Franco Cacciatore è l’opera che ha aperto il mondo del romanticismo cupo e fantastico tedesco nel 1821.Chung la presentò nel 1998 in una magnifica edizione integrale a Roma e fu una rivelazione per molti.
Ora ha eseguito l’ouverture che” monta” i diversi pezzi forti del lavoro, sospeso tra orrore dolcezza e natura. Perfetta l’esecuzione, specie i quattro corni: suono denso, pastoso, cantabile, evocativo.
A seguire gli ultimi quattro Lieder di Strauss, scritti poco prima della morte nel 1949. La tenerezza avvolgente dell’orchestra è stata esaltata dal canto puro del soprano bulgaro Krassimira Stoyanjova, una delle voci più limpide,preparate, convincenti del nostro tempo.
Osservare come i lieder scritti da Herman Hesse (Primavera, Settembre, Andando a dormire) e Joseph von Eichendorff (Al Tramonto) siano stati resi dal fluttuare dell’orchestra una vagante bellissima armonia insieme al suono sopranile è stata una meraviglia ed una consolazione: è raro trovare una tale bellezza.
Sono sogni, desideri, malinconie serali, visioni di un dopo-morte che si vuole sereno: tale è la musica straussiana nelle sue sinuose vaghezze. La poesia dei suoni l’orchestra ceciliana l’ha affrontata e resa si direbbe con stupore sotto un bacchetta mai stabile, espressiva, “cantante”. Quando poi ci si è avvicinati alla Sinfonia n. 6 Patetica- fin troppo nota per essere compresa veramente – il clima è cambiato. Dolore, arcata melodica struggente nel primo tempo, danza e allegria rombante, ma poi l’ultimo tempo: calma previsione della morte (Ciaikowski morrà nove giorni dopo la prima nel 1893), sussurri e grida soffocate negli archi gravi e negli ottoni, il passo felpato della marcia funebre. Una desolazione dell’anima fra le più alte in musica.
Chung contiene la gestualità, rallenta il ritmo, evoca sonorità gravi, vibrati dolorosi: una luce smorta accompagna il pathos delle ultime note in “morendo”. Ed è silenzio, nella sera della vita. Il pubblico, sorpreso di tanta poesia, sta muto e poi esplode. Formidabile.