Un gigante a Palermo

Il Ficus Macrophylla, con le sue radici aeree e le sue enormi foglie ovali è il “monumento verde” e il vanto dell’Orto botanico palermitano
Ficus Macrophylla

Tra le meraviglie di Palermo non va trascurato un vero gigante vegetale da ammirare nel cuore dell’Orto botanico. È un’albero… no, una vera selva di alberi nata da un unico genitore dai cui rami discendono decine di radici aeree che, una volta raggiunto il suolo, si sono trasformate in altrettanti tronchi supplementari. Se il perimetro di questo recinto di colonne sfiora agli ottanta metri, l’immensa chioma così sorretta, una volta proiettata sul terreno, misurerebbe circa 1200 metri quadri.

Non somiglia a nessun’altra specie arborea del nostro Paese. Di che si tratta allora? Del Ficus Macrophylla, una pianta originaria dell’Australia che prospera nelle foreste pluviali (è infatti avidissima di acqua), raggiungendo nel suo habitat naturale perfino i sessanta metri di altezza. Le belle foglie ovali-ellittiche, coriacee e lucide nella faccia superiore di colore verde scuro, mentre è argentea quella inferiore, sono simili a quelle della magnolia: di qui anche il nome di Ficus magnolioides. Albero spiccatamente ornamentale, per tal motivo è stato introdotto, a partire dall’Ottocento, in vari giardini pubblici e privati d’Italia, dove attrae subito lo sguardo anche per il groviglio serpentiforme delle radici che avvolgono e “strangolano” quasiasi altra pianta o manufatto incontrano nel loro percorso. Proprio per questo lo si può definire anche “albero che “cammina”, in quanto l’aggiungersi di nuovi fusti colonnari lascia prevedere la direzione che esso prenderà nel suo sviluppo.

L’esemplare di Palermo, messo a dimora intorno al 1840 da Vincenzo Tineo, uno dei primi direttori dell’Orto botanico, non è l’unico del capoluogo siciliano: spettacolare è anche quello di piazza Marina messo a dimora nel 1863, che supera il più anziano collega con la sua ventina di metri di altezza.

Di fronte a questi colossi di tutto rispetto si comprende meglio come l’uomo, fin dalle epoche più remote, abbia attribuito a certi alberi un’aura di sacralità che li rendeva intoccabili, soprattutto se all’imponenza si aggiungevano certe benefiche proprietà (alimentari, medicamentose e di altra utilità) dovute ai frutti, alle foglie, al legname. Importanti riti sacri si svolgevano e si svolgono tuttora alla loro ombra, presso diversi popoli.   

È il caso del Ficus benghalensis, un cugino del Ficus Macrophylla, diffuso nel subcontinente indiano, un esemplare gigantesco del quale fu descritto da Nearco durante la spedizione di Alessandro Magno lungo le sponde del fiume Narmada.  Simbolo nazionale dell’India, è oggetto di venerazione e corrisponde al “baniano sacro” di salgariana memoria, a cui erano legate le delittuose imprese dei Thug, i seguaci della dea Kalì.

Oggi nelle nostre case sono frequenti varie specie ornamentali di ficus, costrette a dimensioni minime dalla dimensione dei vasi. Ma provate e metterli a dimora in un giardino e vedrete di cosa sono capaci!

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