Un futuro incerto per i rifugiati politici

Sit-in davanti alla prefettura di Milano senza megafoni, fumogeni, bandiere politiche. Fatto solo di persone, infreddolite, e abituate a soffrire
Piano emergenza Nord Africa Milano

Solo durante il mese di agosto a Milano erano arrivati in 400, e solo al Parco Nord, dove c’è un centro gestito dalla Croce Rossa. Ma altri presìdi nel milanese sono a Pieve Emanuele, all’Hotel di San Zenone al Lambro. Per semplificare, o quasi, sono comunemente chiamati rifugiati politici, uomini e donne richiedenti asilo. Ma poi si appiccicano loro etichette del tipo immigrati, profughi, stranieri. Appellativi che si usano per indicare coloro che arrivano qui, in Occidente, chissà da dove. E guarda caso tutta questa fila di etichette sta a indicare “semplicemente” delle persone che cercano uno spazio di pace e di tranquillità nel quale proseguire la propria vita, o molto spesso ricominciarne una nuova.

Sono i profughi dell'emergenza Nord Africa, esseri umani costretti e rinchiusi in tali appellativi loro malgrado. Ieri mattina a Milano una cinquantina di loro hanno manifestato accanto alla prefettura con cartelli vistosi con su scritto: «Cosa ne sarà di noi?». Sì, perché tra meno di un mese, il 31 dicembre, scadrà il cosiddetto piano "Emergenza Nord Africa" e non si sa quale sarà la loro sorte. Nel nostro Paese sono oltre 20 mila le persone arrivate dopo l'inizio della Primavera araba, profughi che hanno ottenuto la protezione internazionale, la protezione sussidiaria, o che stanno per acquisire al protezione umanitaria, ma che dal 31 dicembre non avranno più un tetto.

Nel 2010 di fronte a un problema analogo, governo e conferenza unificata Stato-Regioni avevano definito il documento "Linee di intervento per il superamento dell'Emergenza Nord Africa", con l’intento superare la fase emergenziale, organizzando l'accoglienza e l'inserimento lavorativo dei migranti. Così, inserite in un circuito di accoglienza affidato alla protezione civile, queste persone sono state supportate e assistite dagli enti locali e da numerose associazioni di volontariato. Ora il problema, per queste persone, riguarda la data di scadenza del piano, ormai imminente. I richiedenti asilo interessati non avranno più l'assistenza che finora gli è stata garantita. Cesseranno, inoltre, tutti i finanziamenti previsti per l'accoglienza. Per questo i manifestanti, insieme con alcuni volontari, hanno chiesto e ottenuto un incontro con il prefetto per chiedere tre cose: che non si parli più di emergenza ma che si trovi un piano a lungo termine; che vi sia un piano adeguato a garantire protezione e sicurezza ai rifugiati che ne hanno diritto; misure di sostegno per stabilire un percorso per uscire dall'emergenza. «Non ci può essere integrazione senza un tetto sotto il quale proteggersi», così era scritto su un lenzuolo, e questa frase esprime tutta la preoccupazione per l'imminente futuro.

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