Un fiume controcorrente

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C’era una volta, in cima a un monte, una piccola sorgente. L’acqua scendeva lungo i fianchi dell’alta montagna, canticchiando allegramente. Il piccolo ruscello diventava sempre più grande: l’acqua era tanta e, saltando di qua e di là, portava via con sé tutto ciò che trovava lungo il suo percorso. Era ormai forte e potente… certo, perché altri ruscelletti, sentendosi soli, avevano pensato, e poi deciso, che in compagnia sarebbe stato molto più bello. Arrivarono, così uniti, alla base dell’alta montagna. “Che allegria, saltellare e correre insieme! ” si dicevano l’un l’altro. “Io, quando scendevo da solo, mi annoiavo ed ero triste…”. “Anch’io!”. “Anch’io!”. “Guarda quegli uccellini, come si dissetano alla nostra fresca e limpida acqua!”. “E quel piccolo cerbiatto che scende, correndo, da quelle rocce!”. “Viene verso di noi… Ha sete… Ha bisogno di noi!”. “Guardate là, c’è un guardiano di pecore che sta rinfrescandosi il viso e le mani, mentre le pecore bevono…”. Tutti i ruscelletti, rimbalzando di roccia in roccia, arrivarono così, in un cicalìo spensierato, alla base dell’alta montagna: erano ormai, un solo grande fiume. Le acque si erano confuse fra loro.Trasparivano, solo, la forza e la sicurezza derivate dall’unione. “Cip… Cip…, mi appoggio sopra di te: così, senza stancarmi, arriverò fino al mare ” cantava spensierato un uccellino, facendosi dondolare dalla fogliolina che la corrente trasportava con sé. “Quante fabbriche, quante strade! Quel treno laggiù disturba proprio la nostra quiete” borbottavano tra loro alcuni pesciolini. “Calmi, calmi – intervenne d’un tratto il fiume -. Pur essendo tanto minuscoli, fate proprio una confusione insopportabile. Guardate piuttosto me…Vi siete accorti, quanta acqua ho?”. E così, pensando tra sé e sé, il fiume si addormentò. Riuscì perfino a sognare… Che cosa? Di essere diventato il fiume più grande e più importante del mondo. Ma d’un tratto si svegliò di soprassalto. “Attento, attento, fermati… sei arrivato al mare!” disse una voce. “Al mare? E chi è costui?”. Irritato dal brusco risveglio, il fiume proseguì alzando la voce: “Non lo conosco… Ma si presenti… Oooh! Quanta acqua!”. Un’immensa distesa di acqua era lì davanti a lui. “È questo dunque il mare? – chiese pieno di meraviglia e di timore -. E allora? Devo andare avanti, confondermi con la sua immensità o tornare indietro?… Sì, è meglio! Forza, forza, verso la montagna, altrimenti io morirò! E che sarà di tutti voi?”. Poveri pesciolini! Non capivano più niente. “La forza ci trasporta verso il mare! – dicevano alcuni -. Ciao, fiume, nostro grande amico!”. “Che bello! – dicevano invece altri -. Che salti faremo là in mezzo a quelle alte onde!”. Ma non potevano, il grande fiume aveva detto di no. E così l’acqua tornò indietro e si trovò tutta ammassata alla base della montagna. Ma che fatica risalire! “Non ce la faremo, siamo stanchi!” piagnucolavano i pesciolini. “Forza, forza! – insisteva il fiume -. Ce la faremo!”. Ma ormai l’inverno stava per finire: lasciava il posto alla primavera. Il sole, ogni giorno, diventava sempre più caldo. Guardava quel fiume e, scuotendo la testa, gli parlava: “Povero fiume, dove andrai? Lo sai che il tuo unico destino è confonderti con il grande mare?”. Implacabile continuava a colpire coi suoi raggi i grandi ghiacciai e la neve; tanta, tanta acqua, cominciò a scendere lungo i fianchi dell’alta montagna. Il fiume ne fu investito. “No, no! – gridò disperato il fiume -. Dove andrò? Una forza immensa mi porta indietro, di nuovo verso il mare! Sento che è la mia fine!… Aiuto! Aiuto!”. Ma nessuno, ormai, gli rispondeva. D’un tratto, la pressione enorme si allentò: l’acqua, ormai libera, si allargò di qua, di là, felice. Ogni goccia si disperse nel mare immenso. Ma non era la morte. Era solo cambiata la vita. Nuovi amici, conoscenze interessanti, scoperte entusiasmanti. Non se lo sarebbe aspettato il nostro fiume, ma, una volta perso nel mare, si sentì invaso da una grande gioia. “È meglio stare insieme che da soli”, fu la sua conclusione.

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