Un fiocchetto lilla contro i disturbi alimentari
«La XII Giornata nazionale contro i disturbi alimentari deve essere l’occasione per riflettere su un fenomeno in drammatico aumento in Italia e agire concretamente per prevenire e sostenere i pazienti e le loro famiglie. Forse non tutti sanno che esiste un numero verde nazionale, lo 800180969, servizio anonimo e gratuito, a disposizione di tutti». A dirlo è Laura Dalla Ragione, psichiatra direttrice della Rete Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) Usl1 dell’ Umbria, docente del Campus Biomedico di Roma e direttrice del numero verde “SOS Disturbi alimentari” istituito a Todi dalla Presidenza del Consiglio e dall’Istituto Superiore di Sanità.
«Nei primi anni 2000 le persone che soffrivano di disturbi dell’alimentazione in Italia erano circa 300 mila, oggi sono oltre 3 milioni – continua Dalla Ragione – Un fenomeno in aumento soprattutto tra gli adolescenti, per i quali le diagnosi correlate ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione rappresentano in Italia la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Un fenomeno drammatico che si è aggravato ulteriormente durante la pandemia e i lockdown: i dati del ministero della salute ci dicono che c’è stato un aumento del 30 per cento di casi, soprattutto tra i giovanissimi. Il numero verde nazionale “SOS disturbi alimentari” segnala un drastico aumento di richieste di aiuto, che sono raddoppiate nel 2020 e triplicate nel 2023».
Il sito www.piattaformadisturbialimentari.iss.it riporta una mappa dell’assistenza disponibile in Italia per i disturbi dell’alimentazione. I centri specializzati sono 135, di cui 115 afferenti al Servizio Sanitario Nazionale e 20 al privato accreditato. C’è però una forte disparità territoriale dato che 68 sono al Nord, 26 al Centro e 41 tra Sud e Isole. Vi lavorano 1652 professionisti (per l’81 per cento strutturati), tra psicologi (23 per cento), psichiatri o neuropsichiatri infantili (16 per cento), infermieri (14 per cento), dietisti (12 per cento), educatori professionali (8 per cento), medici specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione (6 per cento), medici di area internistica e pediatri (4 per cento), tecnici della riabilitazione psichiatrica (4 per cento), assistenti sociali (3 per cento), fisioterapisti e operatori della riabilitazione motoria (2 per cento) e altre figure professionali (8 per cento). La terapia ambulatoriale specialistica viene offerta nell’84 per cento dei centri, quella semiresidenziale nel 59 per cento e quella residenziale nel 26 per cento.
«In Italia solo nel 2023 i decessi per malattie legate ai disturbi dell’alimentazione sono stati 3.780, sono ormai la prima causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali e ogni anno si intercettano sempre più casi nuovi: secondo i dati del ministero della Salute, nel 2019 erano 680.569 e sono progressivamente cresciuti fino ad arrivare, nel 2023, a quota 1.680.456 – aggiunge Dalla Ragione -. Le conseguenze dei dca sono depressione, limitazione della vita sociale e lavorativa, compromissione di apparati cardiaco e gastrointestinale, osteoporosi, morte per arresto cardiaco o suicidio. Le cause di morte sono collegate alle complicanze mediche e all’alto tasso di suicidio. I dati sulla mortalità sono in aumento, ma molto disomogenei sul territorio: si muore di più nelle regioni dove non ci sono strutture specializzate. La rete degli ambulatori multidisciplinari in Italia ha costituito un importante passo in avanti, ma è ancora presente in modo troppo disomogeneo sul territorio: delle 126 strutture censite nel 2023 dall’Istituto Superiore di Sanità, il maggior numero dei centri (63) si trova nelle regioni del Nord (20 in Emilia Romagna e 15 in Lombardia), al Centro se ne trovano 23 (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). Per fortuna il governo ha deciso di rifinanziare per il 2025 il Fondo nazionale per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, ma attendiamo ancora di vedere i Dca inseriti nei Livelli essenziali di assistenza (Lea)».
Per Dalla Ragione, «chi lavora nel campo dei disturbi alimentari si è trovato negli ultimi anni a dover combattere contro un potentissimo fattore di diffusione del disturbo: i social media. Oggi i canali attraverso cui ragazzi e ragazze possono attingere a informazioni riguardo a metodi pericolosi per perdere peso sono moltiplicati a dismisura. E non solo: sono a portata di tutti app per il conteggio calorico o il dispendio energetico, e anche il semplice utilizzo dei social media ha un’influenza sull’autostima e contribuisce a cambiare l’immagine corporea di chi ne fa uso, determinando un aumento di sintomi depressivi, l’interiorizzazione di ideali di magrezza, pratiche di monitoraggio del corpo. Il tempo trascorso sui social media e lo sviluppo di disturbi alimentari appaiono quindi fortemente correlati».
La Giornata del fiocchetto lilla vuole quindi innanzitutto aumentare la consapevolezza su questi disturbi. È nata su iniziativa di Stefano Tavilla, presidente dell’associazione “Mi nutro di vita”, la cui figlia è morta a causa di complicanze legate alla bulimia proprio il 15 marzo. Da allora molte altre associazioni in tutto il mondo si sono unite a questa iniziativa, ora riconosciuta anche a livello istituzionale (in Italia lo è dal 2018) in molti Paesi.