Un figlio e un padre uniti nel “Parkin’son”

Giulio D'Anna,  giovane danzatore e coreografo marchigiano, racconta il suo rapporto col padre Stefano, affetto dalla malattia di Parkinson. Mette in coreografia un album umano e trasfigurato di eventi "normali", dove s'intrecciano momenti drammatici e gioiosi, ricordi d'infanzia, attimi presenti e sogni futuri
Una scena dello spettacolo Parkin'son

Un padre e un figlio. Sulla scena come nella vita. Il primo si presenta muovendosi ed elencando dati anagrafici e note personali. Incitato canta "Il mondo" di Jimmy Fontana. Quella canzone è il primo ricordo da bambino che il figlio ha del padre, il quale si presenta, invece, cantando "L'ombelico del mondo", di Jovanotti. Poi passa a raccontare, per titoli, la sua vita per arrivare a diventare danzatore, fino all'idea, successiva, di coinvolgere il padre nella creazione di questo spettacolo. I due eseguono movimenti speculari, si rincorrono, litigano colpendosi con le rispettive giacche, accennano a carezze, si abbracciano, si prendono per mano.

Il giovane si aggroviglia al corpo dell'anziano, lo scala, lo alza, lo deposita. E viceversa. Diventa appoggio, prolungamento, respiro pulsante, quasi utero materno. Insieme innescano un turbinio di emozioni, di rimandi lancinanti, di identificazioni senza tempo, di pudori scoperti, in un'ostentazione del corpo nella sua verità che è semplice, naturale, gesto d'amore. Due corpi legati da intimità famigliare, da complicità conquistata, da visioni private che non temono lo sguardo altrui. Anzi. Lo cercano per una condivisione umana.

Con "Parkin'son", Giulio D'Anna –  giovane danzatore e coreografo marchigiano attivo da anni ad Amsterdam dove si è formato – racconta il suo rapporto col padre Stefano, affetto dalla malattia di Parkinson. Mette in danza un album umano e trasfigurato di eventi "normali", dove s'intrecciano momenti drammatici e gioiosi, ricordi d'infanzia, attimi presenti e sogni futuri, attraverso nozioni personali e mediche. Prendono forma intrecci e posture che sono preludio a movimenti di danza dove il corpo del padre ha la lentezza e il contegno del passato, e quello del figlio la dinamicità e l'apertura del futuro.

L'assolo di Giulio, osservato dal padre seduto sui rotondi tappeti bianchi, è una toccante danza di braccia e gambe vibrate in continue slanci e ricadute, con i piedi piegati nell'atto di staccarsi da terra e ritornarvi per attrazione; infine rannicchiato e tremolante, in uno scambio con il padre che sembra cedergli il suo limite fisico. Spettacolo vincitore del Premio Equilibrio 2011, e da allora in tournèe e richiesto ovunque, "Parkin'son" rivela le già acclamate potenzialità compositive nel suo autore, che crede nell'arte quale strumento che «ci aiuta nel trovarci, nel perderci, nel sentire, nel comprendere e nell'essere pienamente esseri umani».


"Parkin'son", creazione e performance Giulio e Stefano D'Anna, musiche originali di Maarten Bokslag, disegno luci e scene Theresia Knevel e Daniel Caballerò. Al Festival Gender Bender di Bologna. in tournèe.

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