Un evento per l’umanità
La città di Francesco al centro dell’attenzione mediatica. Le voci della gente: «In questi tempi difficili speriamo sia davvero un aiuto alla pace». Dal nostro inviato
Venticinque anni dopo Assisi non è cambiata: stesso cielo coperto di allora (ma senza quel gelido vento di tramontana). A cambiare è stato il mondo. Non c’è più il rischio di guerre nucleari e di scontro tra i due blocchi ideologicamente contrapposti, che motivarono l’intuizione di Giovanni Paolo II. Ma sono arrivati il terrorismo e nuove forme di violenza. Allora le religioni non possedevano una qualche influenza nei rapporti tra i popoli. Ora svolgono un ruolo prezioso nella ribalta internazionale.
Lo evidenzia il gran numero di mezzi corrazzati che le televisioni di tanta parte del mondo hanno portato qui per diffondere in tempo reale le immagini di uomini miti e le sequenze d’un incontro dai ritmi lenti, tutt’altro che televisivi. Santa Maria degli Angeli, questa mattina, e Assisi, nel pomeriggio, sono diventati il centro mondiale dell’attenzione mediatica perché sono tornate ad essere per un giorno il punto sul pianeta da cui sale la maggiore concentrazione di invocazioni e auspici a favore della pace.
Il centro della città attorno alla Basilica è transennato e presidiato dalle forze dell’ordine e dal personale dei servizi d’assistenza. Senza pass si può arrivare solo nello spazio esterno al sagrato della chiesa di Santa Maria degli Angeli. «Venticinque anni fa non c’era questo dispositivo di sicurezza – raccontano i coniugi Menin, venuti da Latina allora come oggi –. Allora si poteva entrare in chiesa senza biglietti e senza controlli. Certo, il mondo è cambiato».
La signora Benilde, qui residente, allora, non aveva i capelli d’argento, ma la convinzione di non mancare è la stessa. «Possiede sempre un grande significato il fatto che si incontrino qui i rappresentanti delle religioni di tutto il mondo», ci chiarisce. «Sono sicura che non sarà solo una rievocazione. Mi aspetto che contribuisca ad un di più di pace vicina e lontana». D’improvviso sale l’entusiasmo della folla: sta giungendo la prima delle navette, quella che porta il papa. La signora allunga il passo e dispensa una confidenza: «Pregare non so se basti, ma è un aiuto».
A pregare o, per lo meno, a non mancare oggi è negli intenti di Emanuele, 17 anni, liceo linguistico a Roma. Non ama proprio il papa e lo precisa subito. Non questo papa ma tutti i papi. Eppure è venuto senza indugio, con chiare motivazioni. «È un evento importante per l’umanità e credo che la preghiera e la collaborazione tra le religioni possano fare molto in questi tempi difficili. Pazienza se la riunione l’ha convocata il papa».
Gli occhi che seguono la diretta sui due maxischermi esterni alla Basilica di Santa Maria degli Angeli sono anche a mandorla. Non pochi giapponesi sono presenti. Molti i pellegrini di lingua francese e numerosi i giovani presenti da varie parti del mondo. Pregano, parlano, cantano. Da varie scuole, accompagnati dagli insegnanti di religioni, sono oggi qui in gita.
«Certo che mi pongo la domanda su quanto possa incidere la preghiera nei confronti di una pace così spesso compromessa – confida Marina, quarto anno dell’istituto alberghiero di Chianciano Terme, Siena –. Ma è una questione di fede. Ci vuole fede nella preghiera. Con la fede, la preghiera di chiunque diventa uno strumento potente per realizzare la pace tra le persone e tra i popoli. Tutto dipende dalla nostra fede e dalla capacità di accogliere l’altro». Ecco lo spirito d’Assisi. Ecco il testimone raccolto ancora una volta dai giovani.