Un elisir napoletano

Il capolavoro di Donizetti rivive al teatro dell'Opera di Roma
elisir d'amore di donizzetti

Nasce in venti giorni l’Elisir, come il Barbiere rossiniano. Alcuni capolavori nascono di getto. E restano vivi, dal 1832. I personaggi? Una lei che stuzzica un lui innamorato e timido, il militare gradasso, il ciarlatano di passaggio. In una estate bergamasca tra idillio e umorismo.

 

L’amore è sogno romantico, la femminilità maliziosa, la chiacchiera ciarlatanesca una simpatica operazione “commerciale”. Donizetti ama i suoi personaggi, non satireggia come Rossini dall’alto della sua sublime disinvoltura. Così la melodia genera capolavori di struggimento amoroso (“Una furtiva lagrima”), duetti frizzanti su ritmi di ballo (“Bella Adina”), caricatura bonaria degli imbonitori pubblicitari (“Udite o rustici”), eccetera, perché i due atti sono un fluire ininterrotto di gaiezza e pateticità.

 

L’opera sprizza buonumore e colori dolci – Donizetti li orchestra alla perfezione –, affetto da tutti i pori. Ed una punta di cattiveria nella civettuola Adina, che alla fine cede all’amore del ragazzo Nemorino.

 

Commedia degli affetti, un po’ buffa e un po’ no, l’Elisir romano ha goduto di un allestimento moderno e luminoso, della regia “napoletana” – scherzi, saltimbanchi, marionette, folla, giochi infantili, un tripudio di colori naives – di Ruggero Cappuccio. Dirigeva Bruno Campanella, dalla solida esperienza nel campo, con bei momenti per l’orchestra ed un cast di giovani cantanti attori (brava Rosa Feola, problemi vocali invece per Ivan Magrì). Spettacolo e musica piacevolissimi. Da riascoltare subito o da scoprire.

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